Dopo la sollecitazione chiesta dal presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, oggi con le audizioni delle aziende interessate si terrà la riunione straordinaria della Commissione tecnico-scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco sull’utilizzo in emergenza degli anticorpi monoclonali contro il Covid-19. E sempre oggi dovrebbe arrivare la decisione del Comitato tecnico scientifico dell’Aifa. “Gli anticorpi monoclonali, già autorizzati in altri Paesi in via emergenziale, inclusi gli Stati Uniti, ma non ancora da Italia ed Europa, sono ‘salvavita’ – ha ricordato Palù – e sulla loro efficacia ci sono fior di studi”. Palù ha invitato a un loro utilizzo emergenziale: “Ne abbiamo bisogno soprattutto ora che c’è carenza di vaccini”. E lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, sarebbe in “pressing” sull’Aifa per accelerare il via libera. Ma gli anticorpi monoclonali sono davvero un’arma potente contro il Covid? Perché non sono stati finora autorizzati? Quali risultati potrebbero dare? Lo abbiamo chiesto a Francesco Broccolo, biologo, specializzato in Microbiologia e Virologia, docente di Microbiologia clinica nell’Università Milano-Bicocca.



Giusto puntare sugli anticorpi monoclonali? Perché?

Visto che sull’invio dei vaccini si stanno registrando ritardi e che i vaccini dovrebbero servire per tutti i pazienti fragili, la terapia monoclonale può fare da ponte.

Che significa?

Permette di attendere la somministrazione del vaccino, che è una profilassi attiva, induce cioè la risposta immunitaria. Gli anticorpi monoclonali invece sono una profilassi passiva, che dura un paio di mesi. Dunque gli anticorpi monoclonali sono una potentissima protezione per i pazienti fragili infetti e sintomatici, purché vengano utilizzati subito dopo aver contratto il virus, entro al massimo le 72 ore successive. E possono funzionare come profilassi anche nei piccoli focolai domestici.



Con quali risultati?

Riducono del 70% il rischio di mortalità e anche di ospedalizzazione, consentendo così di non sovraccaricare le strutture sanitarie e garantendo così più posti ai malati affetti da altre patologie.

Come viene somministrata la terapia monoclonale?

Il problema è organizzativo, perché la terapia avviene per infusione, che dura un’ora-un’ora e mezza, e può essere fatta anche a domicilio ma solo con l’apporto del personale sanitario specializzato delle Usca.

Presentano delle controindicazioni?

Al momento non si hanno evidenze in tal senso. Sono anticorpi specifici contro questo Covid.



Funzionano anche con le varianti del virus?

Questo può essere un punto critico: non sappiamo quanto possono essere efficaci con le varianti. Ma anche con i vaccini non ne abbiamo la certezza.

Perché l’Aifa non ha finora dato il via libera?

Dal punto di vista strettamente scientifico, per far partire la sperimentazione clinica facendo ricorso alla legge 648 del 1996, in base alla quale, in caso di situazioni di emergenza e qualora non sussistano altri farmaci attivi disponibili, è possibile utilizzare in via sperimentale farmaci che sono stati già approvati da altre agenzie del farmaco, in questo caso la Fda americana, che ha autorizzato il mix di anticorpi monoclonali di Eli Lilly e di Regeneron, che hanno superato i trial clinici di Fase 3. In realtà Aifa, a fronte di questa richiesta, ha sostanzialmente risposto: approveremo gli anticorpi monoclonali solo quando l’Ema avrà espresso il suo giudizio.

Anche l’Ema, però, nutre dei dubbi…

I risultati sui pazienti già compromessi non sono stati buoni, ma gli anticorpi monoclonali non servono a questo. L’Ema comunque dovrebbe pronunciarsi entro la fine di questa settimana. Non dovrebbe arrivare un’approvazione vera e propria, ma sicuramente saranno fornite delle indicazioni sull’utilizzo di questi anticorpi monoclonali.

Può essere che a fare da freno sia il loro costo elevato?

Un’infusione di anticorpi monoclonali costa circa mille euro. Però è giusto ricordare che un’ospedalizzazione costa al giorno tra i mille e i 2mila euro e può arrivare fino a 3mila in caso di ricovero in terapia intensiva. Il calcolo dei soldi che si risparmiano con una dose è facile da fare.

Quando potranno essere disponibili gli anticorpi monoclonali?

Quelli di Eli Lilly sono già disponibili.

Ci sono solo quelli prodotti da Eli Lilly o ci sono anche altri fornitori che possono metterli a disposizione?

Sono almeno quattro i farmaci di questo tipo allo studio, e due sono quelli approvati, come il bamlanivimab, realizzato dall’azienda biotech canadese AbCellera, in collaborazione col gruppo Eli Lilly e approvato in Stati Uniti, Canada, Israele e Ungheria, e il cocktail prodotto dalla società americana Regeneron: entrambi hanno ottenuto la concessione per l’uso in emergenza dalla Fda. Questi due prodotti potrebbero essere approvati da subito in Italia, a seguito del parere del Comitato tecnico-scientifico dell’Aifa, secondo la legge 648 del 1996 o il Dm del 7 settembre 2017, cioè il ricorso al cosiddetto “uso compassionevole”. Sono invece allo studio altri anticorpi monoclonali di AstraZeneca, di Vir Biotechnology e Gsk, della svedese Sobi e quello frutto della collaborazione tra Fondazione Toscana Life Sciences e Istituto Spallanzani, che saranno pronti il prossimo autunno.

In altre parti del mondo sono già utilizzati. Con quali risultati?

Come dicevo prima, gli anticorpi monoclonali riducono del 70% i rischi di mortalità e di ospedalizzazione. Si tenga conto che, non essendo ancora pronti, abbiamo già perso 20mila dosi, che sono finite alla Germania, la quale ne ha acquistate altre 200mila.

(Marco Biscella)

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