La regista Sophie Deraspe, ispirandosi a un fatto di cronaca che sconvolse il Canada nel 2008 e ad Antigone, la tragedia di Sofocle, che lesse a vent’anni, ha realizzato con il suo quinto film una bellissima e appassionante versione cinematografica della tragedia ambientandola a Montreal ai giorni nostri.

Nel mito greco Antigone, la figlia di Edipo e Giocasta, vuole dare una degna sepoltura al fratello Polinice morto nello scontro con il fratello Eteocle che difendeva Tebe. Ma Creonte, re di Tebe, fratello di Giocasta e, quindi, zio di Antigone, ordina che il corpo di Polinice, in quanto traditore della propria patria, Tebe, non sia sepolto ma lasciato in pasto agli animali. Antigone ritiene che una legge superiore a quella della città di Tebe le imponga di seppellire i morti. Consapevolmente disobbedisce all’ordine di Creonte e per tale ragione viene da lui condannata a essere murata viva in una grotta. Emone, figlio di Creonte e innamorato di Antigone, non riuscirà a salvarla.



Il conflitto tra le ragioni del cuore e quelle della legge, che è alla base della tragedia, viene addirittura amplificato dalla regista ispirandosi al caso di Freddy Villanueva, un diciottenne honduregno che, fermato a Montreal dalla polizia assieme al fratello Danny, perché con con altri giovani giocavano d’azzardo con i dadi in un parco pubblico, era stato ucciso nel 2008 da un poliziotto con due colpi di pistola. Sophie Deraspe, dopo aver ascoltato in tv l’intervista con una delle sorelle di Freddy, se l’è immaginata come una novella Antigone e si è portata appresso questa storia per dieci anni, dopo averne scritto la sceneggiatura, prima di riuscire a trovare i fondi per realizzarla.



Uno dei punti di forza del film è l’attrice che interpreta la protagonista, Nahéma Ricci. Sophie Deraspe voleva come Antigone una ragazza che fisicamente apparisse fragile e debole proprio per dare maggiore risalto alla forza interiore del personaggio della “sua” Antigone ed è, finalmente, riuscita a trovare la sua straordinaria interprete dopo aver esaminato ben 850 aspiranti alla parte.

E così, addirittura prima dei titoli di testa, lo spettatore fa la conoscenza con una ragazzina, fragile e sperduta come un uccellino caduto dal nido, che occupa tutto lo schermo e che viene interrogata, senza che si sappia chi la stia interrogando e perché. Dopo i titoli, facciamo invece la conoscenza con una famiglia, apparentemente felice, formata da due fratelli, Eteocle e Polinice, due sorelle, Ismene e Antigone, e una nonna, Ménécée, che parla arabo. Non ci sono genitori. Sono stati uccisi – come sentiremo raccontare da Antigone ai suoi compagni di classe – quando lei aveva tre anni e con i suoi fratelli e la nonna si sono rifugiati a Montreal in Canada. Certo l’uso di nomi greci per degli immigrati può sembrare una forzatura, eppure risulta molto efficace nel creare un legame con la tragedia.



Antigone ha 17 anni, ma ne dimostra di meno, è la prima della classe, così brava da vincere una borsa di studio da quattromila dollari. Ismene, più grande, fa la parrucchiera, vuole sposarsi e avere dei figli. Eteocle, il maggiore, fa il calciatore, mentre Polinice fa parte di una banda di spacciatori. Ma Antigone sta anche vivendo un primo amore con Emone con il quale si rotola sull’erba come facevano gli uomini e le donne in primavera in Cabilia (e in questa scena si scoprono le origini berbere della famiglia di Antigone e che il loro Paese di origine è l’Algeria).

Dopo questa introduzione scoppia la tragedia: in un parco la polizia ferma Polinice e spara a Eteocle che tenta di difenderlo. Eteocle muore, ma Polinice finisce in prigione per resistenza e perché ha aggredito il poliziotto che ha sparato al fratello. Le scene che raccontano il diffondersi della notizia della morte di Eteocle, le manifestazioni di protesta e il suo funerale, sono una delle trovate migliori registiche di Sophie Deraspe che, mostrando le reazioni popolari sui social, sui muri dei palazzi, mediante graffiti, e con cortei e scontri con la polizia, in pratica introduce nel film un’originale e aggiornata versione del coro greco.

A questo punto il padre di Emone, che non è Creonte ma un ex avvocato adesso uomo politico, avvisa la famiglia che il diciottenne Polinice essendo maggiorenne, non avendo la cittadinanza e a causa di precedenti per piccoli reati, corre il rischio di essere condannato ed espulso, cioè rimandato al suo Paese d’origine, che ha lasciato quando aveva quattro anni. Antigone, avendo già perso un fratello e di fronte alla disperazione della nonna, non volendo perdere anche Polinice, decide di sfruttare la somiglianza con il fratello e di farlo evadere. Va a trovarlo in prigione con la nonna e, dopo essersi scambiati gli abiti, prende il suo posto. Fuori Ismene, benché inizialmente, per quieto vivere, contraria al progetto di evasione, ha procurato un passaporto falso a Polinice e un passaggio per gli Stati Uniti. Antigone, in carcere, viene ovviamente scoperta e arrestata. Comincia qui la parte migliore, più originale e appassionante del film. Antigone, così fragile, così giovane, è sola contro tutti. Non c’è solo un Creonte contro di lei. In democrazia il potere della legge è rappresentato da una pluralità di soggetti: un commissario di polizia spietato, una giudice autoritaria, un pubblico ministero e degli avvocati tutti ostili. Persino le compagne di carcere e i social inizialmente sono contro l’ingenua Antigone, che si sacrifica per uno spacciatore e piange un fratello, Eteocle, che era anche lui coinvolto in attività criminali. Ma lei si dichiara colpevole, ha violato la legge consapevolmente per il bene della famiglia, e non ha paura delle conseguenze personali o di aver ipotecato un futuro promettente. Lei resiste.

In una scena onirica affronta una psichiatra cieca di nome Teresa che, come Tiresia, l’indovino cieco della tragedia sofoclea, le profetizza che sarà murata viva. Ma Antigone non arretra. Quando la nonna viene arrestata per complicità nell’evasione, fa pagare la cauzione da Ismene utilizzando i soldi della borsa di studio. E la nonna, che non è da meno della nipote, una volta libera, si siede fuori dalla prigione a protestare in silenzio, con la sola presenza, e ogni giorno nuove persone si uniscono a lei. Sui social i giovani cominciano a difendere Antigone. Una sua immagine stilizzata compare dovunque sui muri della città. In tribunale il pubblico disturba continuamente il processo e rumoreggia chiedendo che Antigone sia liberata. Emone viene espulso dall’aula perché sostiene a gran voce la tesi popolare che Antigone è innocente, non ha commesso un reato ma un atto d’amore. Il climax cresce continuamente fino al sorprendente epilogo.

La regista e autrice della sceneggiatura, una delle più affermate registe del Quebec, ha curato la sua opera in ogni particolare. Gli interpreti dei quattro fratelli sono tutti attori non professionisti scelti uno per uno attraverso un lavoro di casting durato mesi. La straordinaria nonna è una professoressa algerina che ha insegnato Scienze per 24 anni. La colonna sonora è ricchissima ricorrendo al repertorio classico, come il Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy nelle scene idilliache in cui Antigone ed Emone si rotolano sul prato, o a musiche originali, o a rap e a ritmi sudamericani o africani per accompagnare le scene che svolgono la funzione di coro. Persino l’immagine stilizzata del volto di Antigone, riprodotta sui muri di Montreal, è così bella ed efficace da sembrare vera.

Consigliamo a tutti di segnarsi nella propria agenda il titolo di questo film. Se non si riesce a vederlo in sala sarebbe un peccato perderlo quando verrà trasmesso in tv o sarà disponibile in streaming sulle piattaforme on-line. Buona visione.

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