La scrittrice Lia Levi ha pubblicato sulle pagine del Foglio una riflessione sulla guerra in corso a Gaza e, in particolare, sull’antisemitismo che sembra prendere sempre più piede dopo l’attacco scatenato da Hamas contro Israele. In apertura ci ha tenuto a porsi e porre una domanda: “Perché il Vaticano, l’Onu, Schlein e, in parte, Meloni, quando chiedono a Israele di fermarsi, non esigono che prima Hamas rilasci gli ostaggi?”.



Ma la reale fonte di preoccupazione per Lia Levi non è tanto l’opinione delle persone e della società sulla guerra a Gaza, quanto piuttosto “il clima che si è creato contro gli ebrei nel mondo”, che definisce se non altro “preoccupante”. Ci tiene anche a criticare la tendenza, “iniziata dopo la guerra in Libano”, a vedere gli ebrei come due categorie: “I ‘buoni ebrei‘ antigovernativi schierati da una parte, e tutti gli altri immediatamente incasellati nell’altra, quella di ‘ebrei cattivi‘. Come se ogni ebreo”, spiega Lia Levi, “dovesse per prima cosa lavare la propria colpa per potersi esprimere liberamente”.



Lia Levi: “L’antisemitismo si è mascherato per anni da antisionismo”

Una cosa, insomma, è chiara per Lia Levi, ovvero che “l’antisemitismo è tornato tra noi”. Non solo, perché in realtà “per tutti questi anni abbiamo creduto, io per prima, che si fosse quietato”, ma in realtà “si era semplicemente nascosto dietro la maschera presentabile dell’antisionismo“. Mentre tornando brevemente sul conflitto in corso a Gaza, invita chiunque si appelli al cessate il fuoco di “indicare come si possa fermare realmente, a quali precise condizioni”, perché certamente non può essere “un gesto unilaterale, senza nulla in cambio”.



Ma secondo Lia Levi quello dell’antisemitismo, e dell’antisionismo, è un problema legato al racconto che viene fatto dell’Olocausto. “Raccontare ritualmente ciò che è accaduto”, spiega, “è servito a mostrare l’ebreo come vittima, formando l’idea che in tale posizione egli debba rimanere”. La conseguenza di tutto questo è che “l’ebreo-vittima è l’unica figura socialmente accettata. Mentre l’ebreo-che-si-difende produce un cortocircuito mentale”. Questo, conclude Lia Levi, è “all’origine dell’ostilità feroce a cui stiamo assistendo, e che vivo, personalmente, con un senso di angoscia profondo”.