Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi in Emilia-Romagna, ha parlato sulle pagine de La Verità di quanto accaduto in Emilia-Romagna: “Abbiamo avuto a inizio maggio piogge estremamente intense. Ma l’acqua non aveva sormontato gli argini, bensì li aveva rotti. E questo riguarda principalmente la manutenzione più che il clima. Poi sono arrivate altre eccezionali piogge, intorno a 250 millilitri: un fenomeno ovviamente diverso. Chiaro che di fronte a un evento del genere gli argini anche ben manutenuti difficilmente tengono. Fra Lombardia, Veneto ed Emilia ci sono 2.500 chilometri di argini da gestire. L’incidente in queste situazioni estreme è pressocché inevitabile”.



Secondo l’esperto, “Calabria e Romagna sono le aree più problematiche. Da noi il 60% della popolazione vive in zone a rischio alluvione medio. Gli interventi sul territorio vanno congegnati di concerto con i meteorologi. Se dobbiamo fronteggiare eventi così gravi, che hanno una probabilità di accadimento ogni 200 anni, è una cosa. Se l’arco si riduce a 30 la situazione cambia”. Infatti, come spiega il geologo, “Se piove in una montagna con la foresta integra, l’acqua rallenta verso la pianura. E quando arriva qui, si immette in canali e qui gli alberi non ci devono stare. Gli argini devono essere puliti. Il corso d’acqua dalla sorgente alla foce ha delle caratteristiche precise e diverse a seconda di dove ci si trova. Talvolta i tagli sono indiscriminati“.

Emilia Romagna, il geologo: “Pochi margini di recupero”

Oggi il problema, secondo il geologo Paride Antolini, è che “Abbiamo appalti gestiti a livello centralizzato con imprese e mezzi meccanici che arrivano da fuori, coi loro tempi”. E l’esperto fa un esempio: “Prenda le comunità montane. Queste unioni di 14-15 Comuni vivono il territorio e dovrebbero essere loro a farsi carico di questi interventi ma hanno uffici tecnici ridotti all’osso e possono a malapena sbrigare pratiche di autorizzazione”.
A detta del presidente dell’Ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna, serve maggior buon senso nella gestione degli argini dei fiumi e delle zone ad alto rischio. Infatti “In passato c’era meno attenzione al territorio. Si cercavano di superare i vincoli in assoluta buona fede. Oggi certe situazioni in prossimità dei fiumi – se la piovosità rimane a questi livelli – non potremo più permettercele. E comunque bisogna studiare la situazione e serve buon senso perché ci sono ormai attività economiche consolidate. Abbiamo margini di recupero piccolissimi in ogni settore. Ma se li recuperiamo possiamo fare tanto“. Il PNRR dovrebbe avere come obiettivo primario “Ovviamente il dissesto idrogeologico ma anche il rischio terremoto. Prenda il Superbonus e il bonus facciate. Interventi dove si sono spesi un sacco di soldi senza dare priorità alla sicurezza. Questa per noi è la vera emergenza”.

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