L’omicidio di Giulia Cecchettin ha riacceso il dibattito sulla piaga dei femminicidi e una delle proposte più dibattute di queste ore è l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. C’è grande divisione sul dossier, Antonello Giannelli ha le idee piuttosto chiare: “E’ una proposta che a livello generale condivido, però nel dettaglio è ancora tutta da vedere. Capisco l’urgenza di voler dare delle risposte all’opinione pubblica sull’onda dell’emotività. Ma la soluzione non può essere un’ora di lezione a settimana, sperando che i problemi si risolvano così. Sarebbe solo un palliativo”, le parole del presidente dell’Associazione nazionale presidi ai microfoni del Foglio.



L’opinione di Antonello Giannelli

Un punto cardine del disegno di legge qrrivato in Parlamento riguarda il coinvolgimento delle scuole con una massiccia operazione educativa, di natura preventiva. Cosa vuole essere la scuola? Questa la domanda da porsi secondo Giannelli, sottolineando che i presidi non sono contrari a un ruolo più direttamente operativo della scuola: “Eppure servirebbe uno stravolgimento più ampio del concetto di scuola tradizionalmente intesa, perché altrimenti serve a poco”. Ma non è tutto. Giannelli s’è detto poco convinto delle lezioni saltuarie con una nuova materia, rimarcando che la scuola deve dare ai suoi studenti gli strumenti per capire il mondo e le relazioni con l’altro, ad esempio attraverso i promessi sposi. Vietato però aspettarsi miracoli dall’oggi al domani, ha aggiunto: “Io non credo che un corso di educazione affettiva avrebbe avuto un qualche ruolo nella tragedia cui abbiamo assistito negli ultimi giorni. Lì sono intervenuti anche altri ordini di problemi, disfunzioni. E di certo, non è quello il contesto più deprivato. Di sicuro, non possiamo pensare di poter risolvere le cose a breve termine. Per raccogliere i primi frutti serviranno almeno 10-20 anni”.

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