Anche Antonello Nicosia coinvolto nell’operazione antimafia a Sciacca: l’esponente dei Radicali, collaboratore della deputata Occhionero di Italia Viva, è accusato di essere stato un favoreggiatore dei boss più vicini al latitante Matteo Messina Denaro. Nicosia ha incontrato infatti diversi boss detenuti in istituti di pena di alta sicurezza e nelle intercettazioni rivolgeva insulti pesantissimi al magistrato Giovanni Falcone. Un fatto di cronaca che ha sconvolto il mondo politico, ecco la presa di posizione del Movimento 5 Stelle: «Parole inaccettabili, che lasciano sgomenti. Secondo la magistratura Nicosia, collaboratore di una deputata di Italia Viva, avrebbe approfittato del suo ruolo nelle istituzioni per effettuare visite nelle carceri siciliane, facendo da tramite tra i boss in cella, di cui alcuni al 41 bis, e i clan.‬ Vergognose anche le sue intercettazioni su Giovanni Falcone. ‬La mafia va combattuta con ogni mezzo!». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)



ANTONELLA NICOSIA ARRESTATO PER MAFIA

Il mondo della politica, seppur marginalmente, torna nella bufera questa mattina dopo l’arresto di Antonello Nicosia, esponente dei Radicali e collaboratore della deputata oggi in Italia Viva (ma eletta in LeU) Pina Occhionero: la Procura di Palermo ha fermato lui e altre 4 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento. Tra i nomi “big” appunto oltre a Nicosia, anche il presunto capomafia Accursio Dimino: le accuse sono gravissime e come riporta l’Ansa, la Procura è convinta che Nicosia facesse da tramite tra capimafia, alcuni dei quali addirittura al 41 bis, e i clan all’esterno riportando ordini, messaggi e direttive. Nelle intercettazioni choc riportate, solo in parte, da Fatto Quotidiano e altri quotidiani online questa mattina si evincono diversi passaggi in cui Nicosia rivolgeva insulti pesantissimi a Falcone e Borsellino, tesseva le lodi di Messina Denaro e mostrava piena dedizione per Accursio Dimino, fedelissimo del boss più ricercato d’Italia e già scarcerato nel 2016 dopo due condanne per associazione mafiosa interamente scontate (tra l’altro appena uscito di galera e, secondo gli inquirenti, tornato al suo posto al vertice della famiglia mafiosa di Sciacca). In attesa di capire le posizioni e le difese tanto di Nicosia quanto di Dimino, sono le intercettazioni ad impressionare ancora una volta delle indagini che a livello mediatico “promettono” di avere un impatto devastante.



ANTONELLO NICOSIA, LE INTERCETTAZIONI CHOC

Nicosia è accusato di aver sfruttato con le visite e ispezioni nelle carceri, frutto del lavoro come esponente dei Radicali, per portare e farsi tramite di messaggi per altri boss fuori dalla galera: accusa infamante dalla quale dovrà ovviamente difendersi a pieno diritto, ma con il “macigno” di intercettazioni come queste. «Matteo Messina Denaro è il nostro primo ministro», oppure attraversando la strada che porta all’aeroporto di Palermo – riporta il Fatto – dedicato ai giudici Falcone e Borsellino, attaccava «È stato un incidente sul lavoro. All’aeroporto bisogna cambiare il nome. Non va bene Falcone e Borsellino. Perché dobbiamo arriminare (continuare a vedere, ndr) sempre la stessa merda». L’accusa dei pm è tanto netta quanto gravissima: «Antonello Nicosia, sfruttando il baluardo dell’appartenenza politica. Nicosia ha addirittura portato avanti l’ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari giudicati inidonei a garantire un trattamento dignitoso ai reclusi», scrivono i giudici nel decreto di arresto. Un primo commento arriva anche dalla deputata di Italia Viva Pina Occhionero alle cui dipendenza lavorava Nicosia prima dell’arresto: «Ringrazio la magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo. La collaborazione con me durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà – conclude – ho interrotto la collaborazione».

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