Evasione di Porto Azzurro: chi è Antonietta Fiorillo
Questa sera su Rai 2 andrà in onda il documentario intitolato “Porto Azzurro, un carcere sotto sequestro” che racconterà le vicende legate al tentativo di evasione del carcere di Porto Azzurro, sull’Isola d’Elba, di un gruppo di detenuti. La vicenda risale all’agosto del 1987, quando sei detenuti tentarono l’evasione, prendendo in ostaggio 33 persone durante 7 lunghe giornate di sequestro e trattative. A guidarle fu il magistrato di sorveglianza a Livorno Antonietta Fiorillo, che riuscì a gestire la crisi, portandola a termine senza garantire alcun beneficio ai rivoltosi.
Tra le guardie del carcere non c’era alcun sospetto che Mario Tuti, Mario Ubaldo Rossi, Maio Marrocu, Gaetano Manca, Mario Cappai e Mario Tolu stessero organizzando una fuga. Tuti il 25 agosto chiese un’udienza con il direttore del carcere, Cosimo Giordano, e lo prese in ostaggio con l’aiuto di una pistola. L’idea era quella di trattare con le autorità, al fine di garantirsi una via d’uscita dal carcere. Dall’altra parte, però, si trovarono Antonietta Fiorillo, arrivata a Porto Azzurro il 26 agosto. Furono “momenti difficili da affrontare”, raccontò dopo la vicenda, ma portati avanti in modo straordinario dal dottor Cindolo, collega procuratore della magistrata.
Il ruolo di Antonietta Fiorillo nella rivolta del carcere di Porto Azzurro
La vicenda del tentativo di evasione dal carcere di Porto Azzurro è rimasta impressa nella memoria degli italiani che hanno seguito le 7 giornate di trattative guidate dalla dottoressa Antonietta Fiorillo con il fiato sospeso. Appena la dottoressa arrivò a Porto Azzurro, stando al suo stesso racconto, c’era già un piano d’attacco delle forze dell’ordine per entrare nel carcere, ma che avrebbe inevitabilmente portato alla morte di alcune persone. “Fu portata avanti la linea delle trattative”, ha raccontato, e vennero stabiliti i contatti con i rivoltosi.
“Erano loro che decidevano tutto”, raccontò Antonietta Fiorillo, “noi dovevamo solo tenerci sempre pronti, aspettare pazientemente” la chiamata. I rivoltosi, che hanno dichiarato di non aver avuto una guida tra di loro, chiamavano dal telefono del direttore, “si alternavano Mario Tuti e Ubaldo Rossi, ma noi preferivamo avere contatti con il genovese”. Chiesero un’auto blindata, un elicottero e un’imbarcazione per allontanarsi da Porto Azzurro, ma dopo 7 giorni Antonietta Fiorillo non gli aveva ancora concesso nulla. I rivoltosi persero la fiducia e l’appoggio degli altri detenuti, che si rifiutarono di supportarli, e furono costretti a consegnare le loro armi, arrendendosi.