Antonio Cabrini, campione del Mondo con la Nazionale italiana di calcio ai Mondiali di Spagna 1982, ha ricordato la figura di Paolo Rossi sulle colonne del “Corriere della Sera”. Proprio con Pablito, Cabrini trascorse gran parte del suo tempo libero in occasione della rassegna iridata in landa iberica: “Io e Paolo Rossi eravamo in stanza assieme – ha confessato l’ex Juventus –. E Tardelli veniva a romperci le b*lle, come d’altra parte faceva con tutti, perché non dormiva e non a caso il mister lo chiamava ‘Coyote’. E allora Bearzot ogni tanto piombava in camera per riprendersi Marco e cominciava a farci la predica sull’importanza di riposare, di essere lucidi l’indomani, eccetera. Il problema è che poi anche lui si sedeva accanto a noi e cominciava a parlare di tattica, strategie, ruoli. Io e Paolo volevamo soltanto dormire, ma come facevamo a dirglielo? Però che perfidi i giornalisti quando fecero insinuazioni sul fatto che io e Paolo dormivamo assieme. Quelle cose ci amareggiarono molto e così decidemmo per il silenzio stampa”.
Cabrini ha poi condiviso un ricordo buffo di Paolo Rossi, dicendo che era talmente goloso di caramelle da girare sempre con le tasche piene, ma quando gliene si chiedeva una, era sempre pronto a dire che non ne aveva. Addirittura, quando doveva mangiarne, “la scartava in tasca e se la portava alla bocca con la stessa velocità con cui scattava sul campo. Io penso che lui provasse quasi imbarazzo per questa golosità, come se fosse una debolezza. Questo ricordo me lo rende ancora più caro”.
ANTONIO CABRINI: “MARADONA ERA IL PIÙ FORTE DI TUTTI”
Sul “Corriere della Sera” Antonio Cabrini ha fatto menzione anche di mister Giovanni Trapattoni (“Un uomo inflessibile”) e di Giovanni Agnelli: “Telefonava alle 6 del mattino – ha asserito –. Chiamava soprattutto Platini, ma una volta chiamò anche me e io non ricordo nemmeno che cosa risposi. Agnelli non era soltanto il proprietario della squadra, era un uomo che di calcio capiva davvero e che sapeva tenere certi equilibri. Platini lo scelse lui, così come anche altri. E ci teneva moltissimo alla Juventus: un giorno lo vidi arrivare al campo di allenamento seguito da un uomo non tanto alto e ben vestito. Lo riconoscemmo poco dopo, era Henry Kissinger”.
Cabrini ha avuto l’onore di incrociare in carriera anche Diego Armando Maradona, che ricorda come un ragazzo “dolce e disponibile, è stato quello che si è caricato addosso tutte le problematiche della squadra e della società. Meno male che a me non toccava averci a che fare durante la partita, perché era davvero il più forte di tutti. E anche corretto: in campo con lui ci andavano molto pesante, ma non gli ho mai visto fare scorrettezze evidenti”.