PARLA CAPUANO, IL “SUPERCONSULENTE” DI SALVINI: “PUTIN SAPEVA DEL VIAGGIO”
«Putin sapeva del viaggio di Salvini a Mosca. Avremmo portato il nostro piano di pace»: parla così Antonio Capuano a “La Repubblica”, il “super consigliere” del leader della Lega da alcuni giorni nell’occhio del ciclone politico proprio per l’organizzazione di questo fantomatico viaggio in Russia per parlare di pace.
Dopo le polemiche numerose piovute tanto dal Governo quanto dallo stesso Centrodestra, Salvini ha per il momento tenuto in “stand-by” il viaggio, rivendicandone però l’intento positivo per poter ottenere un negoziato di pace al più presto. Oggi a parlare è però Capuano che prova a dettagliare quanto sia successo sull’asse Lega-Mosca negli ultimi giorni: «Circa un anno e mezzo fa un diplomatico di cui curo gli interessi mi chiese di accompagnarlo a un incontro con Salvini in Senato. Da lì si sono sviluppate altre occasioni di confronto con il leader della Lega. Abbiamo collaborato sempre più intensamente, pur senza un incarico formale», spiega l’ex deputato di Forza Italia, avvocato e consulente per diverse ambasciate estere. «Nello scorso agosto l’ambasciatore afgano, Khaled Zekriya, dopo la presa di Kabul da parte dei Talebani mi chiamò e mi disse: “Non abbiamo più un governo”. Matteo tornò dalle vacanze e si mise a disposizione: un grande gesto. Ricordo che Zekriya a settembre promosse un summit con altri ambasciatori non solo europei, venne pure Salvini che fece un intervento molto apprezzato», sottolinea ancora a “Rep” il “superconsulente” del segretario leghista, divenuto negli ultimi mesi sempre più figura strategica per i rapporti internazionali di Matteo Salvini. Coinvolto direttamente sul “caso” del viaggio in Russia, Antonio Capuano ribadisce che i colloqui sarebbero stati non con personaggi di secondo piano, né tantomeno con il solo Ministro degli Esteri Lavrov: «Putin informato? Ma sta scherzando? Mi sembra chiaro. E alcuni segnali da Mosca sono pure arrivati».
ANTONIO CAPUANO: “ECCO IN COSA CONSISTEVA IL NOSTRO PIANO DI PACE”
Entrando poi nelle pieghe del contenuto stesso che si sarebbe avuto in un colloquio Salvini-Putin, Capuano rende noto come in Russia «avremmo dovuto presentare un piano di pace in quattro punti».
In primo luogo, occorreva «individuare una sede neutrale in cui aprire i negoziati. Abbiamo due ipotesi, entrambe sondate»; Capuano si riferisce a Vaticano e Turchia, come spiegato giorni fa dallo stesso Salvini, «Mi sembra sia uscito sui giornali che Salvini venerdì abbia fatto una visita in Vaticano». Il secondo punto del piano di pace messo in campo dal leader leghista era la nomina di tre garanti: «i vertici istituzionali di Italia, Francia e Germania, più un garante morale», e tutto fa pensare a Papa Francesco. Il terzo punto del piano doveva essere il far sedere al tavolo le parti in guerra «solo dopo il cessate il fuoco. E in cima dell’ordine del giorno del negoziato prevediamo lo sblocco delle navi che portano il grano e gli aiuti umanitari». Da ultimo, il quarto elemento affrontato da Capuano: «la visita di una grande personalità internazionale a Mosca e Kiev. Lei mi chiederà di nuovo se parlo del Papa ma io non glielo posso confermare». Antonio Capuano spiega che Salvini per questo viaggio si è già mosso con i canali diplomatici ufficiali russi. Il 19 maggio scorso è poi lo stesso leader della Lega che in Senato annuncia tre punti da presentare alla Russia per iniziare dei negoziati ufficiali: «Salvini chiese a Draghi di battersi per far ritirare la candidatura di Mosca per l’Expo? Bene, mi sembra che il 23 Mosca l’abbia effettivamente fatto. E nei giorni successivi è arrivata la disponibilità dei russi, pur non priva di condizioni, a far partire le navi con i carichi di grano. Un altro segnale di apertura, diciamo non casuale: io e Matteo ne avevano parlato in ambasciata. Anzi i russi ci avevano detto che su questo punto potevamo spingere», spiega ancora il “superconsulente” ex Forza Italia. Quando però “Rep” chiede conto su quale “mandato” potesse rappresentare Salvini, Capuano è netto: «Salvini ha svolto questa attività solo in nome della fine di un conflitto che dovrebbe interessare tutti. L’idea era quella di avvertire il governo qualche ora prima di partire, per far sì che non si bruciasse la trattativa. Ma se Draghi avesse opposto il suo niet, state certi che non saremmo partiti».