La sua è stata la prima tra le candidature depositate per la corsa al governo della Regione Umbria in vista delle elezioni regionali di domenica 27 ottobre 2019: lui è Antonio Pappalardo, generale di brigata dell’Arma dei Carabinieri oggi in pensione nonché fondatore del Movimento Gilet Arancioni di cui è il presidente nazionale. Nato a Palermo il 25 giugno 1946, più che figlio d’arte Antonio Pappalardo è figlio d’Arma: suo padre è stato un brigadiere dei Carabinieri, e lui ne ha seguito le orme frequentando l’Accademia militare di Modena prima e la Scuola ufficiali dei Carabinieri nella capitale dopo. Mamma casalinga, Pappalardo porta impressi nella memoria i racconti di prigionia del papà, catturato durante la guerra e costretto in un campo di concentramento tedesco. La sua carriera militare all’interno dell’Arma lo porta in giro per tutta Italia, dal primo incarico in Calabria fin su su a Pordenone dove si trovò impegnato sul fronte dell’emergenza legata al terremoto che strappò le terre friulane nel 1976. La sua opera in soccorso delle popolazioni in quel teatro di crisi gli ha guadagnato una delle sue onorificenze. Laureato in giurisprudenza e Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, ha fatto parte del Cocer, organo di rappresentanza dei Carabinieri. Specializzato in Scienza della Sicurezza, Pappalardo è titolare anche di un diploma post-laurea in Studi europei.
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CHI È ANTONIO PAPPALARDO: LA CARRIERA POLITICA
La vita militare rimane sospesa ai fili della carriera politica, iniziata nel 1992 con l’approdo alla Camera dei deputati dove viene eletto nelle liste del Partito Social-Democratico Italiano in cui figura come indipendente. Già l’anno successivo fonda il movimento politico Solidarietà democratica, con il quale prende parte a più di una competizione amministrativa, compresa la corsa al Campidoglio per la carica di sindaco di Roma nel 1993. Seguirà una fugace esperienza nel Patto di Mario Segni, dopodiché – nel 1994, non rieletto alla Camera – tenta la via delle elezioni europee sempre come indipendente ma nelle liste di Alleanza Nazionale. Tornato all’Arma, non abdica alla creatività politica. L’alba del Terzo Millennio lo trova fondatore, nel 2001, del movimento Popolari Europei collocato a destra di quella che all’epoca era la compagine di centrodestra, ovvero la Casa delle Libertà. Seguono le esperienze sempre movimentiste con Nuova prospettiva e poi con la Lega d’Azione Meridionale. Questi momenti di laboratorio politico, intrecciati nel tempo a vicissitudini anche di cronaca giudiziaria, non ebbero gran seguito. Reintegrato tra i Carabinieri, ne diviene capo di stato maggiore della Divisione unità specializzate per poi congedarsi nel giugno 2006. Ma la staticità non fa al caso suo. Rieccolo dunque in politica sempre in cerca di nuove vie tra sindacati di polizia in congedo e non, la guida dell’Associazione per la Sicurezza e la Legalità, poi il Movimento per l’Autonomia che, nel 2008, lo candida in tre collegi senatoriali. La campagna elettorale subirà un tracollo dovuto al malore che lo colpisce durante una manifestazione a L’Aquila. Non verrà eletto, ma cercherà un nuovo rilancio nel 2011 candidandosi a sindaco di Palermo con Melograno Mediterraneo: la lista verrà però esclusa dalla competizione amministrativa in quanto presentata oltre i termini. In tempi più recenti, il 2016 lo trova a presiedere il Movimento Liberazione Italia che strizza l’occhio al popolo dei cosiddetti Forconi. Nel febbraio 2019 ecco una nuova traduzione politica del Pappalardo-pensiero nel movimento dei Gilet Arancioni, di cui è il fondatore e il presidente aggregando varie sigle movimentiste.
REGIONALI UMBRIA, PAPPALARDO: PROGRAMMA E CHI LO SOSTIENE
La candidatura di Antonio Pappalardo è espressione proprio del Movimento Gilet Arancioni, di cui l’ex generale è fondatore e presidente fin dalla sua nascita il 10 febbraio 2019. Il Movimento ne accoglie vari altri fin dalle sue origini, e aggrega Alleanza Democratica, L’Altra Italia, Liberazione Italia, Popolazione Vivente Sovrana Autodeterminata, Liberazione dei Minori dalle case famiglie, Liberazione Nazionale del Popolo Veneto e poi ancora Grande Nord, Forza Centro, Prima il Sud, Grande Sicilia e Grande Sardegna. La lista si presenta come civica, e l’entusiasmo è testimoniato anche dalle tempistiche con cui è stata depositata, vale a dire per prima. Nel simbolo, a fondo arancione, figura una chiave di violino. Lo slogan? “Si cambia musica”. Con Antonio Pappalardo al governo della Regione l’Umbria prenderebbe a battere moneta: sì perché proprio la nascita della Lira Umbra è l’ingrediente base della ricetta di rilancio economico regionale immaginata dal candidato presidente dei Gilet Arancioni. Ad essa è collegata la Banca Libera Umbra e l’idea di restituire potere d’acquisto alle famiglie attraverso un bonus mensile di 1.000 Lire Umbre. Che l’uomo sia vulcanico lo racconta la sua vita, e questo eclettismo si traduce anche in attitudini artistiche dalle quali probabilmente derivano l’inserimento nel simbolo dei Gilet Arancioni per le elezioni regionali umbre di una chiave di violino proprio al centro e la scelta dello slogan dal tenore musicale. Nel 2017 diede il via alla “rivoluzione trash” in piazza, arrivando fino alla piazza davanti al parlamento e venendo ricevuto dall’altrettanto “movimentista” Alessandro Di Battista: per un periodo vicino alle tematiche del M5s, Pappalardo si è poi dissociato proseguendo la sua strada con i “Gilet Arancioni”. La vocazione di Pappalardo si è più volte espressa nella composizione di musica sacra, anche con esiti di qualche rilievo dato che la sua Missa Militum è stata registrata per la Fonit Cetra nell’esecuzione del coro polifonico Vox Nova di Fabriano e dell’Orchestra dell’Accademia strumentale umbra. Ma è soprattutto la sua opera Vita Nova a conferirgli spessore come compositore di musica colta portandolo fin in Vaticano, dove lo spartito viene eseguito in occasione del concerto per Madre Teresa di Calcutta appena beatificata. L’alleggerimento? C’è, ed è un’opera rock sul dialogo interreligioso dal titolo Bhailpevaco il cui debutto, nel 2006, è stato ospitato sulle scene del Teatro Colosseo di Roma.