Antonio Provenzano, professore al Dipartimento di Agraria dell’Università di Palermo, è morto lo scorso 1 dicembre a causa di un incidente stradale mentre si trovava in Egitto per un progetto internazionale di formazione di tecnici idraulici del luogo. Un camionista – successivamente fuggito – avrebbe messo fuori strada il piccolo bus che avrebbe dovuto trasportare il cinquantasettenne da Abu Simbel a Assuan. In totale, tre le vittime. Le altre due sono una spagnola e un giapponese. L’unico superstite è il dottorando siciliano che era partito insieme al docente.
La ricostruzione della vicenda, tuttavia, non convince i familiari dell’uomo, che si sono rivolti agli avvocati Alessandro Palmigiano e Lucio Savagnone. “Vogliamo la verità su quanto è accaduto. Vogliamo sapere se è stato trovato il responsabile dell’incidente, se ne è stata stabilita la dinamica e perché non ci è stato ancora restituito il pc di mio fratello”, ha affermato Loredana Provenzano, sorella della vittima, al Corriere della Sera. L’ambasciata, da parte sua, ha risposto che il dispositivo non può essere spedito e che se vorranno dovranno ritirarlo al Cairo. Gli altri effetti personali, invece, sono stati rispediti a Palermo dal dottorando che era con lui.
Antonio Provenzano, professore morto in Egitto: i familiari chiedono giustizia
I punti oscuri sul caso di Antonio Provenzano, il professore morto in Egitto, tuttavia, sono comunque tanti. “Quando ci siamo salutati era felice, entusiasta del viaggio che aveva in programma. Nei giorni successivi ho seguito le sue tappe su Facebook, aveva postato molte foto. Eravamo sereni: era un viaggiatore esperto (era la quarta volta che andava a Assuan, ndr). La notizia della sua morte ci è arrivata tramite amici e colleghi ed è stato un fulmine a ciel sereno. Poche ore dopo averlo saputo ufficiosamente, ho ricevuto una chiamata dall’ambasciata italiana: una breve conversazione con una console, le condoglianze e l’impegno a richiamarci per avere chiarimenti su quanto era accaduto”, ha raccontato ancora Loredana.
Di notizie, tuttavia, non ne sono mai più arrivate. “Vogliamo sapere cosa sia accaduto. Ad esempio se sia vero che il camionista che ha urtato il pulmino di mio fratello avesse poco prima provocato un incidente con un’altra vettura, se sia stato mai fermato e interrogato e se sia vero che l’autista del bus su cui Antonio viaggiava corresse a oltre 100 chilometri all’ora in curva, come ci è stato detto. Abbiamo il diritto di conoscere come ha perso la vita mio fratello”.