Fra le novità inserite nel nuovo Dpcm presentato ieri dal Premier Giuseppe Conte, anche quella riguardante un maggior “dialogo” fra le Asl e l’app Immuni, la ben nota applicazione per tracciare i contatti. In base a quanto si legge nel nuovo decreto in vigore fino al 13 novembre “Al fine di rendere più efficace il contact tracing attraverso l’utilizzo dell’App Immuni, è fatto obbligo all’ operatore sanitario del Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale, accedendo al sistema centrale di Immuni, di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività”. L’applicazione di contact tracing italiana è stata fino ad oggi un grosso punto di domanda. Come ricorda Repubblica, se ne è cominciato a parlare da fine marzo, da quando la pandemia aveva iniziato a mietere numerose vittime (circa mille al giorno), con l’obiettivo appunto di rallentare il contagio di coronavirus, tracciando i vari infetti e i contatti. Ad aprile, poi, Google (Android) e Apple (iOS) avevano annunciato di aver modificato i propri sistemi operativi per consentire lo sviluppo di un app il più rapido possibile

NUOVO DPCM E APP IMMUNI: SARA’ LA VOLTA BUONA PER L’APPLICAZIONE?

E così che ad inizio giugno l’app Immuni era finalmente pronta, fra le prime al mondo, e sembrava di fatto la strada migliore per evitare il propagarsi del coronavirus. Fatto sta che, forse per via di un numero di download inferiore alle speranze, forse anche per il fatto che i contagi erano diminuiti a inizio estate con conseguente “rilassamento” generale, alla fine l’app Immuni è stata un po’ messa da parte, alla luce anche dei problemi burocratici e di privacy legata alla stessa. “Il ministero della Salute – scrive a riguardo sempre Repubblica – non ha mai voluto collegare la notifica di contatto con un positivo al diritto a fare un tampone immediatamente, ma così rendendo quella notifica l’inizio di una inaccettabile quarantena burocratica”. Le regioni hanno deciso di ignorare Immuni, e molti medici di base non hanno inserito i dati della positività di un paziente, non permettendo quindi di risalire alla catena del contagio. Ecco perchè con il nuovo Dpcm si è deciso di ridare nuovo risalto all’applicazione: sarà la volta buona?