Si moltiplicano sempre di più le app che acquisiscono a nostra insaputa i nostri dati, per poi rivenderle sul mercato a caro prezzo. A denunciarlo a Repubblica è Antonello Soro, ormai prossimo a lasciare l’incarico di Garante per la privacy: “Si calcola che il numero delle app in circolazione – le sue parole, per certi versi inquietanti – che tracciano le abitudini degli utenti, compresa la posizione, siano circa ottanta. Ottanta per ogni persona che ha uno smartphone nel mondo”. E non si tratta solo dei cosiddetti giganti del web: “In genere si pensa unicamente ai colossi del Web – aggiunge Soro – quando esistono aziende piccole e medie che raccolgono e vendono informazioni di ogni tipo su di noi. Fino ad arrivare a grandi banche dati dedicate a questo scopo delle quali la maggior parte delle persone non sospetta nemmeno l’esistenza”.



APP SPIA NEGLI SMARTPHONE: COME FARE PER DIFENDERCI?

Secondo Soro la raccolta dati non ha solo come fine quello di rivendere le info alle agenzie pubblicitarie: “Sai cosa fanno i cittadini – specifica meglio il garante della privacy – dove vanno e cosa comprano, hai un quadro della vita di un Paese. Un vantaggio geopolitico e tecnologico, l’intelligenza artificiale viene infatti addestrata su grandi quantità di dati. Chi ne ha di più e chi li può raccoglierne senza troppi vincoli, si trova in una posizione migliore rispetto ad altri che invece proteggono le persone”. Sarebbe quindi fondamentale una protezione dei dati e una privacy maggiore per gli utenti: “Pensi alla Cina – continua – e purtroppo oggi non c’è nulla che impedisca ad una società di Pechino di raccogliere dati in Europa. Dovremmo avere uno scudo digitale, perché non abbiamo tutele né difese”. Le persone dovrebbero anche imparare a proteggere di più se stesse, evitando di geolocalizzarsi con troppa leggerezza, e nel contempo evitando di loggarsi attraverso le credenziali Facebook: “regalando così, attraverso i social, tutto quel che riguarda noi e la nostra rete di amicizie”. Per diventare più scaltri bisognerebbe insegnare fin dalle scuole medie come approcciare la tecnologia: “E non parlo di come funziona uno smartphone – conclude il garante – ma dei sistemi sociali, politici ed economici che sono alle spalle”.

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