I civili afghani rivolgono un appello disperato all’Italia: “Per favore non abbandonateci, non lasciateci a morire in Afghanistan. Portateci nel vostro Paese. Noi e le nostre famiglie. I talebani altrimenti ci uccideranno. Saremo per sempre braccati con l’accusa di aver cooperato con l’Italia“. La scelta dell’America di Joe Biden di ritirare le truppe dall’Afghanistan ha portato ad un effetto domino tra gli alleati NATO. Ora, però, coloro che sono rimasti nel Paese Mediorientale, sono esposti alla vendetta dei Talebani, i veri vincitori di questa guerra. Nell’editoriale di Paolo Mieli pubblicato ieri sulle pagine del Corriere della Sera, è dunque scattata la richiesta d’aiuto, di coloro che, con diverse mansioni, hanno lavorato al funzionamento del contingente italiano in Afghanistan. I più esposti sono gli interpreti, che dalla fine del 2001 in avanti hanno fatto da raccordo tra i soldati italiani e la popolazione locale.



APPELLO CIVILI AFGHANI ALL’ITALIA: “NON ABBANDONATECI”

Ora che la grande base italiana di Herat verrà smantellata, il pericolo per i civili afghani è dietro l’angolo. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dovrebbe divulgare a breve i numeri esatti, ma da tempo si parla di una cinquantina di interpreti con le loro famiglie, cui si aggiungono altri collaboratori a vario titolo, per un totale di circa 500 persone da mettere al sicuro. La mossa italiana non sarebbe isolata: gli USA, ad esempio, si stanno già prodigando in questo senso, progettando di portare via con loro circa 18 mila persone che hanno già fatto richiesta di un apposito visto d’immigrazione. L’Inghilterra dal canto suo ha già autorizzato 450 visti. Ma sul tavolo, scrive Il Corriere della Sera, “esistono programmi di evacuazione più ampi da parte americana, che prevedono una massiccia campagna di visti per 70 mila afghani oltre a circa 100 mila iracheni“. I talebani intanto hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano che “gli interpreti e le loro famiglie non avranno nulla da temere, se dimostreranno di essersi pentiti e proveranno rimorso per le loro attività di collaborazionismo con gli stranieri invasori“. Ma la paura resta e quell’accorato appello non può essere ignorato.

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