Il salto che Mario Draghi, da premier, ha fatto fare al livello del rapporto tra il governo e i cittadini è un salo enorme. Quantico, per dirla in modo enfatico. Perché questo rapporto era stato logorato negli anni dalle chiacchiere, dalle chiacchiere tradite, mai seguite dai fatti. Mentre il modo di parlare che Draghi ha confermato nella conferenza stampa di ieri è ispirato ad un’asciutta chiarezza che nel Paese delle convergenze parallele di Moro, del “ma anche” veltroniano e del “salvo intese” contiano è del tutto inedita. Il che, sul tema dei vaccini come su quello della ripresa economica – le due tragedie (queste sì parallele) del Paese – è sconvolgente, in positivo.
E la sostanza è stata forte: il prossimo decreto introdurrà misure per la ripresa e sostegni alle categorie più colpite con stanziamento di risorse superiori a quelle finora stanziate: che è forse la notizia economica di maggior rilievo tra quelle trapelate ieri dal premier.
Ed è sulla base di quest’approccio che vanno rimesse in fila le cose che Draghi ha detto ieri sull’economia, finite un po’ in secondo piano rispetto a quelle sui vaccini.
1) La golden power è una cosa seria che il governo ha usato per bloccare la vendita di una industria di semiconduttori a un gruppo cinese ritenendo strategico il tenerne ancorata all’Italia la proprietà ed è pronto a usarla di nuovo. In questo, Draghi si è detto “d’accordo con Giorgetti”.
2) Le proteste degli autonomi fiaccati dalla crisi sono capite e non biasimate, ferma restando la condanna delle violenze: ma l’unica risposta strutturale sono le riaperture, che dipendono dall’andamento dei contagi ovvero della campagna vaccinale, che li fa scendere.
3) Il turismo: per riaprire quanto prima (“anche il 2 giugno, come dice Garavaglia: speriamo! Magari anche prima, chi lo sa!” bisogna istituire il certificato vaccinale ed aprire ai turisti stranieri che ce l’avranno, cominciamo a farlo, poi “ci preoccuperemo di non discriminare” chi non ce l’ha.
4) “Bisogna poi riaprire fiere ed eventi, ce ne sono tanti tra maggio e novembre, bisogna andare molto svelti. Io penso che questo sia il messaggio migliore per rassicurare il Paese, stiamo guardando al futuro prossimo”.
5) L’Alitalia dovrà rinunciare al suo nome, purtroppo, “e mi dispiace, uno della mia età ha viaggiato tantissimo su Alitalia, quasi esclusivamente, tanto che la considera come una cosa di famiglia, magari un po’ costosa come famiglia”. Ora la nuova società, Ita, dovrà accettare una “forte discontinuità rispetto alla precedente Alitalia, il punto è creare una società nuova che parta subito, senza perdere la stagione estiva, che parta e si regga sulle sue ali e da sola, senza sussidi. Questo è l’obiettivo, Se la Commissione dovesse pretendere di introdurre asimmetrie di trattamento contro Alitalia rispetto a quanto fatto con Air France, non le accetteremo”.
6) La campagna per la digitalizzazione del Paese è tra le massime priorità, tra quelle che incarnano il necessario recupero del “gusto del futuro”. L’anno scorso è stato un anno di depressione, siamo stati costretti a comportamenti limitati anche nelle interazioni sociali, e la piena digitalizzazione sarebbe stata l’unica via d’uscita per comunicare ed insegnare. Non avere a disposizione i meccanismi di base per farlo è stata una delle grandi frustrazioni di quel periodo. Questo divario digitale segue e accentua altri divari italiani, tra le parti del Paese. La digitalizzazione del sistema – dalla didattica alla pubblica amministrazione alla progettazione – è una delle missioni più importanti da compiere, ma abbiamo già iniziato!
7) L’attuazione del Pnrr rientra costituzionalmente nelle responsabilità delle Regioni e degli enti locali, col coordinamento del governo che riceve i soldi dall’Europa e li distribuisce agli enti locali attuatori a seconda dei lavori in corso. Gli enti danno riscontro dei pagamenti in corso e questi riscontri servono ad avere i successivi pagamenti dall’Europa. C’è poi, al centro, una struttura di valutazione che segue l’evolversi dei lavori e rappresenta l’unica forma di presenza del governo sul Pnrr. Il 30 aprile il Piano finale verrà consegnato. Gli enti locali e le Regioni dovranno coordinarsi. L’impresa non è impossibile. Anzi: c’è la possibilità di intendersi. Ed è fuori discussione, cioè certissimo, che sarà necessario fare nuove assunzioni per dotarsi delle competenze necessarie a gestire il Pnrr.
8) Poi Draghi ha sottolineato che c’è un’altra cosa da dire, a proposito della necessità di cambiare: noi abbiamo perso da anni la credibilità nella capacità di investire. E non perché non si volesse investire, nei bilanci sono stati appostati centinaia di miliardi da spendere che poi non sono stati spesi. Quindi è emerso che bisogna cambiar tutto per essere credibili e per superare gli ostacoli politici, amministrativi, contabili e financo giudiziari… tutte aree dove occorre chiedersi se l’attuale contesto istituzionale è adatto a procedere con la rapidità, efficacia e onestà che servono per attuare il piano.
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