«Io non accetto ricatti. Qui la legge è uguale per tutti. Ilva resti aperta, non hanno nulla da temere, le soluzioni si trovano»
: queste le parole di Luigi Di Maio riportate da Tg Com 24 dopo la presa di posizione di ArcelorMittal sull’ex Ilva. L’impianto rischia di chiudere il 6 settembre a causa della norma che abolisce l’immunità a seguito del decreto legge Crescita. Ore di grande dibattito nel mondo politico con il Pd sugli scudi, ecco le parole di Ivan Scalfarotto: «ArcelorMittal dichiara che a legislazione vigente la fabbrica chiuderà il 6 settembre. 20 mila persone senza lavoro e la manifattura italiana privata del grosso dell’acciaio nazionale. Un altro capolavoro di quel geniaccio di Luigi Di Maio». Queste, invece, le parole del segretario generale Metalmeccanici Fim Cisl Marco Bentivogli: «L’immunità penale e’ normale se serve a portare avanti le prescrizioni dell’Aia. Non si può perseguire chi applica la legge o per responsabilità pregresse. Di Maio crede di recuperare voti smentendo se stesso. Ma a pagare e’ l’ambiente, 20.000 lavoratori, 1% di Pil». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
“EX ILVA CHIUDE A SETTEMBRE SENZA IMMUNITA'”
Se non si dovesse trovare una soluzione a breve sul fronte della protezione legale e dell’immunità penale per ArcelorMittal, lo stabilimento ex Ilva oggi “noleggiato” dalla multinazionale indiana potrebbe chiudere bottega già il prossimo settembre. Ci sarebbe già una data, il 6 settembre ovvero il giorno in cui dovrebbe entrare in vigore la legge cha abolito l’immunità penale per i dirigenti Arcelor nel merito delle cause ancora in corso per la precedente gestione: come detto lo scorso 19 giugno prima dei nuovi incontri con il Governo e il Ministro Di Maio, l’ad di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, «con il Decreto Crescita lo stabilimento di Taranto è a forte rischio». L’azienda è rimasta fortemente colpita, per non dire delusa, dall’azione del Governo di togliere l’immunità penale per i dirigenti ArcelorMittal sulle pendenze che l’ex Ilva aveva già ben prima dell’arrivo della multinazionale: come ha ben spiegato il giornalista e conduttore Nicola Porro, l’ex azienda della famiglia Riva ha lo stabilimento di Taranto di fatto sotto sequestro da anni per l’azione dei magistrati pugliesi e per questo motivo Arcelor ha semplicemente “affittato” l’ex Ilva ma non ha potuto ancora comprarla. Ora, nella complessa operazione portata a termine nei mesi scorsi, i dirigenti indiani avevano richiesto che almeno potessero usufruire dello scudo penale visto che già non potevano comprare l’azienda ma almeno non finivano implicati in eventuali futuri procedimenti conclusi di quelli già in atto sui rischi ambientali e di sicurezza.
LO SCONTRO ARCELOR-GOVERNO: “NON SUCCEDE NIENTE”
«Il Governo continua a dirci di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente. Quindi il 6 settembre l’impianto chiuderà. Abbiamo ancora due mesi, spero che il Governo trovi una soluzione, siamo aperti a discutere», attacca con chiaro riferimento al Ministro dello Sviluppo Economico nonché vicepremier Luigi Di Maio. Ieri i sindacati avevano chiesto al leader M5s (contestato dai lavoratori in Puglia, ndr) un vertice urgente per dirimere la vicenda dopo la conferma della presenza in Decreto Crescita della clausola anti-immunità da parte del Governo: lo stesso Presidente Confindustria Vincenzo Boccia aveva intimato nelle scorse ore «C’è il rischio che Mittal lasci» e oggi l’annuncio dell’amministratore delegato non fa che confermare i timori delle ultime ore. Van Poelvoorde ha poi spiegato oggi di non avere nessun conflitto con il governo ma «non posso mandare i miei manager lì ad essere responsabili penalmente in una situazione già fuori norma perché l’impianto è sotto sequestro». L’ad di ArcelorMittal finora si è fidata del Governo e delle dichiarazioni di Di Maio «stiamo andando avanti con il piano, non rallentiamo e aspettiamo che il Governo trovi una soluzione perché non c’è motivo per cui ci mandino via. Ma apparentemente non vedono questo problema grave come lo vediamo noi e quindi hanno detto che lo risolveranno, lavorando a una soluzione legale»