I PRIMI RISULTATI DOPO L’APERTURA DEGLI ARCHIVI DI PAPA PIO II
Dal 2 marzo 2020 gran parte degli immensi Archivi in Vaticano sul Pontificato di Papa Pio XII (1939-1958) per volere di Papa Francesco sono consultabili ma è dal giugno 2022 che l’Archivio Storico della Segreteria di Stato – Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali (ASRS) rende accessibile a tutti la riproduzione virtuale di un’intera serie archivistica sul proprio sito internet. Con un lungo dossier sul quotidiano francese “La Croix” vengono riportati i primi veri “risultati” della vasta opera di studio che inevitabilmente dovrà continuare ancora per diversi anni vista la mole di materiale presente. Si tratta nello specifico di 73 archivi di rappresentanze pontificie, 15 serie della Segreteria di Stato, 21 fondi di Congregazioni romane e di uffici curiali e palatini, 3 dello Stato della Città del Vaticano e altri 8 fondi. Nel complesso, sono 120 tra fondi e serie, per un complesso totale di circa 20mila unità archivistiche che contengono il materiale dei quei 20 anni di Pontificato di Papa Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli.
Quello “contenuto” negli Archivi di Pio II è periodo decisivo per la Chiesa cattolica, segnato dalla Shoah e dal dramma della guerra, dalla decolonizzazione e dall’inizio della guerra fredda, ma anche da questioni interne prima del Concilio Vaticano II. «C’era un interesse eccezionale per l’apertura di questi archivi», racconta a “La Croix” Marie Levant, storica e membro dell’École française di Rome. «Nei primi lavori di ricerca su questi archivi, la figura di Pio XII in sé svanisce di fronte all’azione più globale della Santa Sede. Al di là delle sole azioni del Papa, vengono decifrate le azioni della Chiesa, della Curia romana e dei nunzi apostolici durante il pontificato di Pio XII», racconta ancora l’esperta che ha consultato parte degli Archivi in Vaticano.
PAPA PIO XII: LUCI E OMBRE SULLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Emerge in primo luogo che soprattutto nel periodo che copre la Seconda Guerra Mondiale – dove la storia spesso ha criticato pesantemente Papa Pio XII per non essere intervenuto direttamente contro il nazifascismo di Hitler e Mussolini – le polemiche contro la Chiesa andrebbero riviste ampiamente. Se è vero che dagli atti emerge come alcuni membri della Curia avessero alcune tendenze antisemite nei primi tempi delle leggi anti-ebraiche – in uno scritto si legge «Dovete stare attenti agli ebrei, tendono sempre a esagerare» – viene completamente rivalutata la “neutralità” apportata dal Vaticano nel periodo drammatico della Shoah. «La neutralità del Vaticano ha permesso di sviluppare un aspetto umanitario, con uno sviluppo esponenziale dell’amministrazione vaticana in questo senso», spiega ancora Levant.
In quel periodo, proprio grazie all’ufficiale “neutralità” della Chiesa, è stato possibile imbastire una vasta rete nell’ombra per poter fornire aiuti concreti e luoghi dove nascondere i tanti ebrei italiani sotto il giogo delle indegne leggi razziali. «Il Vaticano era un centro di informazione, essenziale in tempo di guerra, un “ufficio postale” con quasi 2.000 lettere ricevute al giorno», rilevano gli studiosi impegnati negli ultimi anni alle analisi sugli Archivi di Pio XII. Restano però anche alcune “ombre” in merito ai documenti di quel periodo, specie sul finire della Seconda Guerra Mondiale: «la Pontificia Commissione di Assistenza, creata alla fine della guerra, ha permesso in particolare la fuga consapevole o inconsapevole di alcuni criminali di guerra», sottolinea Levant aggiungendo come «il Vaticano ha partecipato alla fuga di massa delle popolazioni sfollate e colpite da disastri durante questo periodo». Sempre dalle carte “segrete” fino al 2020 dimostrano come il Papato di Pio XII permise un forte riavvicinamento tra Santa Sede e Stati Uniti d’America al termine della guerra, partendo dalla condivisione degli aiuti umanitari alle popolazioni sfollate e distrutte dal conflitto: «Questo è stato particolarmente evidente in Estremo Oriente, dove le attività di ricostruzione della Chiesa erano molto legate alla presenza americana», rileva Olivier Sibre, specialista delle relazioni tra la Santa Sede e le popolazioni orientali al tempo. Secondo Roberto Regoli, direttore del Dipartimento di Storia della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana di Roma, «Questa convivenza con gli Stati Uniti è difficile ma necessaria, poiché l’unica altra potenza all’epoca era l’URSS e la sua politica anticlericale. Ma abbiamo ancora molto da capire sulle ragioni profonde di questa collaborazione, così come sui dissensi che possono essere esistiti».