Parlare di Jago non è facile. Va inevitabilmente a cozzare, a confrontarsi con calibri da 90 come Michelangelo, Canova, Bernini e artisti che sembrano appartenere non a un’altra epoca ma proprio a un’altra dimensione. Eppure, non è proprio così. In giro negli ultimi decenni abbiamo avuto pochi esempi di scultori dediti alla forma espressa in maniera tradizionale, all’uso cosiddetto classico degli aspetti, delle sensazioni, delle espressioni. Oggigiorno artisti contemporanei dediti alla scultura se ne contano sulla punta delle dita, molti oggettivamente spinti verso un espressionismo astratto, a volte incomprensibile, sicuramente di un certo valore. Jago dal canto suo è come se riuscisse a penetrare negli aspetti più veri e attuali della situazione contemporanea e a tradurli in modo stupefacente.
Jacopo Cardillo detto “Jago” è nato ad Anagni nel 1987. È uno tra gli artisti contemporanei più conosciuti in campo internazionale. È partito osservando le sculture dei grandi artisti del passato, stupendosi che alcuni potessero fare cose così incredibili. Da allora pensò “ma io pure le voglio fare”. La sua carriera è decollata in tutti i sensi nel 2019: Jago è stato il primo artista a inviare una scultura interamente realizzata in marmo su una stazione spaziale, in collaborazione con l’European Space Agency. La scultura era First Baby ed è rientrata sulla terra nel 2020.
Jago è da considerarsi uno degli elementi più vivi del meccanismo complesso e positivo della storia di Napoli. Appartiene di fatto a gente come don Antonio Loffredo, don Gino, associazioni come la Comunità di san Gennaro, la cooperativa “La Paranza”, Suore di Carità dell’Assunzione; realtà che si occupano in pianta stabile delle problematiche relative al territorio napoletano. Sottolinea in più occasioni che vivere il luogo gli suggerisce certe tematiche affrontate e tradotte nelle sculture, vissute personalmente o attraverso racconti e sofferenze della gente comune. “Nel quartiere Sanità c’è il futuro, c’è terreno fertile e creatività. Ho scoperto persone che si danno da fare; sono scultori dell’umanità, sono persone che plasmano materiale umano. È un luogo che ha tutte le carte in regola per essere uno dei centri culturali più importanti d’Italia, perché è una realtà che sta già vincendo tutto dal punto di vista della qualità e dell’accoglienza”.
Le opere di Jago sono cariche della umanità a cui ha partecipato e che vive quotidianamente. Questo è ciò che colpisce della sua arte: non committenze fini a se stesse, non tematiche astratte e lontane dal luogo in cui vive, ma trasposizione diretta di una bellezza, di una sofferenza, di una quotidianità che vive nei luoghi da lui vissuti. “Da un materiale che in potenza contiene tutte le forme, io ne tiro fuori solo una. E lì c’è la responsabilità dell’artista”.
Oggi (ma è già da qualche mese) con “Jago Museum”, nel Rione Sanità, quartiere del grande Totò, nasce un altro progetto importantissimo per i giovani e dedicato all’arte. Per Jago: “Sant’Aspreno riapre al pubblico, restituita, messa al mondo come un figlio, ancora una volta per accogliere. Dietro i luoghi e i loro contenuti c’è sempre l’umanità di chi ha immaginato, quella di chi ha costruito, l’umanità di chi ha abitato e abbandonato, l’umanità di chi ha recuperato e quella di chi verrà. Quando sono arrivato a Napoli ho capito cosa significasse fare lo scultore. Qui hanno la capacità di scolpire materiale umano”.
Per la città partenopea, lo Jago Museum diventa un ulteriore sito dedicato all’arte, un luogo da visitare per i turisti e gli appassionati d’arte e per conoscere le opere dell’artista come la Pietà. La scultura, in marmo è a grandezza naturale, rappresenta il raccoglimento e il dolore. Paragonabile per certi versi alla Pietà di Michelangelo, esprime il dramma di chi perde la cosa più cara che ha. Si concentra, con il suo scalpello, nei muscoli tesi, nei tagli della pelle stirata, nell’urlo disperato evidenziando il distacco, la perdita, la sconfitta.
Che Jago sia uno scultore straordinario non ci sono dubbi. Tra le sue opere più celebri, quelle che gli hanno permesso di scalare la sua carriera di artista contemporaneo relativamente in così poco tempo, ricordiamo: Muscolo Minerale, situata nel Complesso Monumentale Sant’Anna dei Lombardi (Napoli), è stata realizzata nel 2017 in marmo e sasso di fiume. Venere, esposta prima al Museo Carlo Bilotti nel 2018 (Roma) e poi agli Highline Stages (New York) nel 2019. Habemus Hominem è stata l’opera che gli ha permesso di avviare la sua carriera artistica in modo importante, grazie all’esposizione alla Biennale di Venezia nel 2010. L’opera, che rappresenta il busto di papa Benedetto XVI, è stata poi ripresa dall’artista e spogliata dei suoi abiti nel 2016. Figlio Velato, opera situata nella Chiesa di San Severo Fuori le Mura (Napoli), è stata realizzata nel 2019 a New York, durante il suo periodo di permanenza negli States; Look Down è una delle sue opere più iconiche ed è stata realizzata durante il lockdown del 2020 per essere posizionata in Piazza del Plebiscito a Napoli. Si tratta di un bambino neonato accovacciato in posizione fetale. Ora l’opera è stata spostata nel deserto dell’Emirato Arabo di Fujairah. La Pietà situata fino al 28 febbraio 2020 nella Chiesa di Santa Maria in Montesanto (Roma), è l’opera più recente di Jago. È stata realizzata nello studio in Rione Sanità a Napoli.
Visitare lo Jago Museum nella Chiesa di Sant’Aspreno, nel quartiere Sanità di Napoli, rende l’idea di quanto possa essere adeguato il paragone Jago con i grandi artisti della storia. Altri tempi certo, altre committenze, altre sensibilità e culture; di sicuro in lui ritroviamo il medesimo cuore, la medesima passione e pari capacità artistica.
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