Arte sì, arte no. Arte pubblica, arte contemporanea. Arte ispirante, arte inclusiva, arte provocatoria. Ma quanti tipi di arte esistono? Ma soprattutto, quando un’opera è arte? “Non c’è nessuno che lo sa”, verrebbe da canticchiare, sorridendo e ricordando il celeberrimo coccodrillo afono, dopo le polemiche sorte a Napoli a seguito dell’installazione dell’opera del fu Gaetano Pesce, nelle immediate adiacenze del Maschio Angioino.



A beneficio di chi non è a conoscenza dell’evento, riepiloghiamo i fatti essenziali. Nel 2022 viene varato un progetto a cura del designer, architetto e scultore Gaetano Pesce (1939-2024) per celebrare Pulcinella, la maschera napoletana per antonomasia. Due anni di studio e lavoro con un budget che si avvicina ai 200mila euro. Nel frattempo, ad aprile di quest’anno, Gaetano Pesce passa a miglior vita. Il 9 ottobre scorso l’opera viene inaugurata tra la sorpresa degli astanti. Infatti, associare il risultato finale dello scultore spezzino a Pulcinella è esercizio di fantasia quanto mai arduo. Una colonna di 12 metri sormontata da un cappuccio e con due grandi cuori alla base, più che richiamare la maschera di bianco vestita, evoca, senza mezzi termini, suggestioni falliche piuttosto evidenti. Se poi l’opera è intitolata Tu si ’na cosa grande, vuol dire che ci si è proprio impegnati a fondo per renderla oggetto di facili doppi sensi. Così il web, nel giro di pochi giorni, si è riempito di commenti ironici obiettivamente tutti esilaranti; senza contare i giudizi antipodici degli esperti della materia. La Venere degli stracci del Pistoletto, installata negli stessi luoghi due estati fa e oggetto di un incendio da parte di un clochard, diventa uno sbiadito ricordo.



Lungi da me addentrarmi in intemerati giudizi di critica dell’arte (che non mi competono); tuttavia mi domando e dico: se Pesce è giustamente provocatorio e fa il suo lavoro, chi ha avallato il progetto e ha addirittura stanziato una barca di soldi per realizzarlo, si è accorto del suo “contenuto”? Si è reso conto del contesto in cui sarebbe stato calato? Ha valutato che la proverbiale e pittoresca ironia dei napoletani avrebbe sovrastato, fin quasi ad annullarla, la provocazione (riconoscendone quanto meno la buona intenzione iniziale) dell’artista? Mi viene il dubbio che “i napoletani” artefici di questa operazione artistico-culturale abbiano grandi carenze proprio in materia di cultura napoletana; questa, infatti, ha sempre “sublimato” e mai volgarizzato o banalizzato, le provocazioni, anche più elementari, della vita reale. In tema di arte moderna consiglio di vedere la parentesi ad essa dedicata da Luciano De Crescenzo nel film Così parlò Bellavista che è una sintesi, a tratti poetica, del pensiero in materia di arte contemporanea che va da Protagora a Tom Wesselmann, passando per Luca Giordano, trattato con una leggerezza e ironia che solo la musa Partenope può ispirare.



Ma anche gesti originariamente volgari sono stati elevati a veri e propri cammei artistici. Basti pensare alle “pernacchie” di Eduardo De Filippo nel film L’oro di Napoli diretto da Vittorio De Sica o di Totò ne I due colonnelli, dove questo gesto tipicamente partenopeo è oggetto di scene entrate nella storia del cinema grazie all’incommensurabile genio artistico (il superlativo in questo in caso non è affatto di maniera) che i due attori napoletani hanno saputo esprimere.

Potendo, porrei una domanda agli amministratori locali che hanno seguito e approvato la realizzazione dell’opera: secondo il loro illustre parere, assistendo all’inaugurazione del Pulcinella in questione, Totò ed Eduardo, si sarebbero interrogati sul valore intrinseco della provocazione dell’artista nella rilettura in chiave moderna della maschera partenopea? o, piuttosto, non si sarebbero fatti sfuggire l’imperdibile occasione per una sonora pernacchia quale quelle che eseguono nei sopra citati film? Loro, nel paradiso degli artisti, hanno sicuramente altro di cui bearsi. Per noi resta la domanda aperta anche se, forse, vedendo i loro film, una idea possiamo farcela.

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