“La storia, senza Dio, è come una favola raccontata da un pazzo”. Nei nostri amati tempi della post-modernità tecnologicamente avanzatissima Dio, si sa, non è più un concetto universalmente condiviso e quindi questa affermazione di Shakespeare oggi non potrebbe valere per tutti. Che però i tempi che viviamo siano al di fuori di ogni logica razionale possiamo tutti quanti ammetterlo tranquillamente senza scomodare le sfere celesti.
Fino all’anno scorso il temine “pandemia” si addiceva al massimo a storie di film catastrofici; se qualche cassandra ci avesse predetto quello che sta succedendo oggi ci saremmo fatti una risatina con accessoria scrollata di spalle. Eppure quello che nessuno poteva immaginare è successo e di fronte all’imponenza della nuova realtà imposta dal virus i limiti dell’iniziativa umana sono emersi in maniera clamorosa: lockdown, zone rosse, misure economiche inefficienti, impensabili limitazioni alla libertà personale, vaccini prima agognati e poi arrivati con il contagocce e tanto altro ancora, per ritrovarsi dopo un anno e passa con la sensazione dal retrogusto molto amaro di essere sempre al punto di partenza, come in un beffardo gioco dell’oca. I tentativi di risposta sono stati tutto e il contrario di tutto e anche sulla soluzione finale rappresentata dai vaccini pende la spada di Damocle delle varianti del virus.
Non so a quanti è sorta spontanea qualche domanda: in tutto questo bailamme di situazioni, c’è qualcosa che rimane fissa ed immutabile grazie alla quale, magari, potere iniziare a fare qualche piccolo, ma fermo, passo che non venga rimesso in discussione a seconda dei dati del contagio o delle varianti più o meno conosciute? Soprattutto, c’è qualcuno che può indicare questo punto fermo senza timore di essere smentito dalla successiva agenzia di stampa? Ci possono essere state in passato esperienze che possono valere anche per oggi al punto tale da poterle guardare come esempi di ripartenza anche nelle situazioni umanamente più disastrate?
Il paradosso di un periodo per il quale il termine “storico” non è affatto esagerato, è dietro l’angolo: rischiamo di sapere tutto di un virus e di conoscere sempre meno ciò di cui il cuore dell’uomo ha veramente bisogno. Eppure la Storia (sì! proprio quella con la S maiuscola) e il cuore dell’uomo sono profondamente interconnessi; ciò che cambia la prima è della stessa natura di ciò che cambia il secondo.
Ragion per cui, magari, oltre a prestare attenzione a virologi, economisti, opinionisti ecc. può essere utile ascoltare storie forse giornalisticamente meno eclatanti ma che possono testimoniare come sia possibile il rigenerarsi del cuore dell’uomo e, con esso, delle realtà particolari gravitanti intorno ad esso.
Con Arcipelago Napoli, venerdì 9 aprile, faremo un tentativo in questo senso; incontreremo Daniele Mencarelli, romanziere e poeta, che nel suo ultimo libro Tutto chiede salvezza ha dato una testimonianza di come ogni aspetto della vita gridi il suo bisogno insopprimibile di senso e di come questo valga per tutti, anche per chi con la parola “significato” sembra non avere grande dimestichezza; con lui, Gianluca Guida, direttore del carcere minorile di Nisida, che ha visto talvolta la possibilità concreta di una rinascita della persona anche in un luogo come il carcere dove il “lockdown” è estremo e senza fronzoli.
La provocazione che pongono queste storie è grande: vuoi vedere che imparando a conoscere meglio sé stessi e il vero bisogno di cui è costituito l’uomo, magari si riescono a risolvere più efficacemente i problemi, anche nell’epoca della sfida globale posta dalla pandemia? Lasciamo la domanda aperta!
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