A Napoli ci sono più chiese che a Roma; se consideriamo che la Capitale è il centro della cristianità, obiettivamente, questa è una notizia. Nel centro storico partenopeo ce ne sono 203, ma solo 79 sono utilizzate per il culto: fonte, la mitica trasmissione di Rai 3, Report, nell’edizione andata in onda il 21 novembre scorso e che mi è capitato di vedere nella sua versione on demand. “Migliaia di chiese abbandonate o chiuse o non utilizzate nel rispetto dovuto ai luoghi di culto”, è detto nell’introduzione del servizio.
La repentina (e inaspettata) attenzione degli autori per la pratica religiosa dei napoletani ha, come di incanto, moltiplicato le chiese della città! In effetti, la domenica capita di incontrare folle di partenopei disperati che non riescono a rispettare il precetto della messa perché vagano inutilmente tra chiese con i portoni ineluttabilmente sbarrati! La colpa è tutta di quei cattivi della Curia che le abbandonano, non le manutengono o le danno in gestione per altri fini e così si portano sulla coscienza il mancato rispetto del terzo comandamento da parte dei napoletani del centro.
Gratta gratta, la trasmissione scopre altri altarini: una ex canonica è occupata sine titulo e con la forza da un’intera famiglia di un clan camorristico con alcuni membri ivi agli arresti domiciliari; ancora, una struttura lasciata in eredità viene utilizzata con scopi diversi da quelli cui l’aveva vincolata il testatore; infine, un macroscopico abuso edilizio fa bella mostra di sé da 34 anni sulla facciata di una monumentale chiesa cinquecentesca, nonostante una regolare denuncia dei vigili urbani.
Tutta colpa della Curia napoletana, a partire dai vescovi, presenti e passati, con vari gradi di responsabilità a seconda della disponibilità dimostrata nel rispondere alle domande formulate dai giornalisti della trasmissione.
Al di là dell’ironia, ci corre l’obbligo, più che doveroso e necessario a evitare di cadere in un non voluto benaltrismo, di premettere che niente giustifica le omissioni ed esonera da responsabilità, a tutti i livelli, e che la reticenza non è mai cosa buona, anche perché non fa fare belle figure, come è capitato al sacerdote incalzato dalle domande del giornalista e che rendeva risposte al limite dell’imbarazzante.
Report è tra le poche trasmissioni che fa realmente giornalismo di inchiesta e non di comodo commento da talk show televisivo. Tuttavia, per chi vive i contesti rappresentati dal servizio (come il sottoscritto), alcune considerazioni sorgono spontanee.
Per esempio: oltre che al sacerdote titolare della chiesa con adiacente canonica adibita a residenza per la famiglia del clan, tre domandine in più alle autorità di pubblica sicurezza che operano nel quartiere, siamo sicuri che non avrebbero raccolto qualche imbarazzo ancora più evidente? Eh sì, perché se i malviventi in questione scontano nella casa abusivamente occupata gli arresti domiciliari, sicuramente sono sottoposti al controllo di Polizia e Carabinieri; con ogni probabilità, quindi, anche loro sanno che gli appartamenti sono occupati illegittimamente. Cosa hanno fatto per ripristinare la mitica legalità? Una domandina, ripetiamo, poteva magari legittimamente essere fatta; invece no, dagli al prete (e quello che rappresenta).
Nel servizio viene detto che il balcone abusivo campeggiante sulla facciata della chiesa rinascimentale era stato denunciato dai vigili urbani; di solito, a questo tipo di denunce, segue l’ordinanza di demolizione e riduzione in pristino e, in caso di inottemperanza da parte dell’autore dell’abuso, l’esecuzione in danno o l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale. Magari qualche passaggio al Comune per sapere come mai dopo tanti anni, da parte dell’amministrazione, non si fosse fatto niente per eseguire solo quello che la legge prescrive ai preposti a far rispettare la regolarità urbanistica, poteva essere fatto; così, giusto per completezza di informazione.
Se la matematica non è una opinione, nel centro storico di Napoli ci sono 104 chiese chiuse o non adibite al culto. Sicuramente tutte di un certo pregio storico-architettonico. Possibile che ai redattori non sia passato in mente che magari non ci sono sufficienti preti per officiare le messe visto che oggi l’indossare la tonaca pare sia del tutto démodé?
E anche a non tenere conto della curva piatta delle vocazioni, magari due conti della serva su quanto possa costare solo la manutenzione di un edificio storico, sulle somme necessarie le ristrutturazioni, spesso strutturali e quindi finanziariamente molto impegnative e, quasi sicuramente, non nella disponibilità della Curia? Così, giusto per dare un quadro completo della situazione, non per altro.
Sappiamo bene che i tempi televisivi e giornalistici non consentono tutti questi approfondimenti simultaneamente. Questo però non ha impedito ai realizzatori del servizio di cedere alla tentazione di usare il più efficace dei cliché, per cui è la “Curia che usa i guanti bianchi con i criminali e il pugno duro con la povera gente”.
Quello che sfugge ai curatori della trasmissione è che, se la denuncia è sempre opportuna, la formula giornalistica perseguita ad ogni costo, nel caso in questione, non rende un buon servizio alla città (sicuramente contro le loro stesse intenzioni). Da napoletano, mi auguro una indagine al giorno come quella di Report; tuttavia, poiché la realtà è sempre più grande di quello che può rendere un servizio televisivo, bisognerebbe tenere presente il più possibile tutte le sue articolazioni e tutti i soggetti che contribuiscono a determinarla; altrimenti lo scaricabarile, soprattutto se giustificato da un pulpito così autorevole, è assicurato. Con buona pace delle messe dei fedeli napoletani.
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