Caro direttore, credo fortemente che l’educazione e la formazione siano una delle strade per contribuire alla costruzione del futuro di un territorio e delle sue generazioni, soprattutto quelle più giovani. Mosso da questo spirito quattro anni fa con i miei colleghi, oltre alla formazione che abitualmente facevamo, ai dipendenti delle aziende sia pubbliche che privata, agli ITS e IFTS, abbiamo intrapreso una bellissima esperienza nel quartiere di Scampia, periferia nord di Napoli, tristemente nota per tante vicende di criminalità saltate agli onori della cronaca nera nazionale.
A Scampia, con l’aiuto dei Padri Gesuiti, del centro Hurtado e di tante realtà associative, laiche e religiose, a dimostrazione del fatto che da soli non si va da nessuna parte, abbiamo avviato un percorso di formazione e lavoro per giovani a rischio di dispersione scolastica, arrivato alla sue seconda edizione.
Un gruppo di 13 ragazze ha conseguito la qualifica professionale e si sta avviando ad iniziare un quarto anno di formazione per il conseguimento del diploma tecnico. Una secondo triennio è partito lo scorso anno, ha attraversato la pandemia anche grazie alla dedizione di tutor e insegnanti, la maggior parte dei quali sono proprio dei giovani di Scampia, ed oggi è al 50% della seconda annualità e quindi dell’intero triennio.
Le vicende del Covid ci impongono ancora la DAD per le materie di base, ma per quelle tecnico professionali siamo ritornati in presenza nei laboratori e in alternanza scuola lavoro presso la nostra azienda madrina, la Coop La Roccia di Scampia, una sartoria sociale che abbiamo accompagnato fina dalla sua nascita 20 anni fa.
L’esperienza della IeFP è per me emblematica perché più di tutte mi ha aiutato a ricomprendere qual è il ruolo della formazione per un territorio. Dopo 27 anni di attività mi ritrovo spesso a chiedermi qual è il senso di quello che faccio. Mi capitano giorni fatti solo di carte, burocrazia, problemi, tasse e nonostante un’aridità intorno a me, mi ritorna insistente la domanda di senso per quello che faccio. Per grazia di Dio, ho un cuore che insiste ad infilare un po’ d’amore tra bilanci ed inventari e a farmi riguardare alla realtà.
La formazione se accompagnata da un senso e da un rischio educativo (e-ducere=condurre fuori, far emergere uno sviluppo della persona), è uno strumento potentissimo per offrire alle persone e alle aziende la possibilità di migliorarsi, di crescere nella valorizzazione delle proprie competenze e nell’affermazione del proprio essere. A Scampia abbiamo fatto questo: il nostro è stato un lavoro corale con scuole, parrocchie, municipalità, rappresentati di uffici pubblici locali, aziende, famiglie, agenzie educative, associazioni.
La formazione è questo, è l’espressione strutturata di un sistema che mette in relazione attori diversi, dove ognuno nel proprio ruolo concorre al bene di tutti.
Forse sarò un idealista, ma non troppo. L’esperienza che ogni giorno faccio con la mia azienda, insieme ai miei colleghi, nelle attività a cui siamo chiamati, mi restituisce una situazione che è realtà, possibile e bellissima.
Con i ragazzi della IeFP abbiamo condiviso l’esperienza dell’ingresso in azienda di studenti-lavoratori, prima nella modalità dell’alternanza scuola lavoro e poi in quella dell’apprendistato. Ho visto gli occhi di imprenditori che sono nomi affermati nel mondo della sartoria artigianale napoletana, brillare per l’euforia quando hanno riconosciuto in quei giovani un talento ed una passione che è diventata una professione, un lavoro. È stata una vertigine rendermi conto che con un ‘piccolo’ corso di formazione avevo contribuito a sostenere il futuro di un giovane, come uomo e lavoratore, avevo aiutato un imprenditore ad arricchire la sua azienda con del personale preparato e appassionato, avevo restituito al mio territorio un esempio virtuoso da imitare e moltiplicare.
Certo, non tutti i progetti sono la IeFP e, come dico sempre, il primo dovere di un’azienda è di fare quadrare i conti, altrimenti non può pagare i suoi dipendenti, non può investire in nuove attività, non può crescere e produrre.
Tuttavia anche nell’attività più ordinaria e lineare, c’è sempre un principio che c’ispira e un senso ultimo da dare a tutto quello che facciamo. Ricordarmelo, ricordarlo ai miei colleghi e dipendenti è fondamentale ed imprescindibile perché l’intero sistema vada avanti.
Anche perché chi come me fa formazione può intervenire ad indirizzare il futuro in una direzione o in un’altra, ma per la maggior parte delle volte risponde a iniziative proposte dalle istituzioni e dalle autorità locali e nazionali. Non sempre queste sono in linea con una lettura attenta del territorio.
Ma la cose più importanti che ho capito in questi anni sono essenzialmente 2: a) che la formazione per le fasce deboli ha un senso se i percorsi al termine si giovano con l’inclusione sociale e lavorativa; b) l’importanza del principio dell’equità cioè che a tutti deve essere data un’opportunità.
Ma questa esperienza, che è tale perché comincia a giudicare il mio lavoro non è peregrina e sta tracciando una strada: oggi abbiamo in corso due progetti uno per acquisire un immobile per impiantare una sartoria sociale e uno per finanziare le attrezzature della stessa.
Ma su questo vorremmo che lo Stato riconoscesse, in un principio di sussidiarietà, ciò che funziona e permette lo sviluppo di un territorio riscattandolo dal lavoro continuo di reti territoriali.
Alle istituzioni chiedo un’attenzione alla premialità delle buone prassi, alla diffusione di un modello di comunicazione efficace e produttivo; chiedo una preparazione del personale ed un dialogo aperto e vero con tutti gli attori che concorrono alle iniziative di formazione e di inclusione sociale.
In Campania ci sono circa 720 enti accreditati, la maggior parte fa corsi autofinanziati di estetica, oss e di rilascio di titoli per concorsi, ma quanti hanno dipendenti, competenze e collegamenti con il mercato del lavoro?
Bisogna iniziare a ragionare seriamente di formazione, degli attori, ma soprattutto dei destinatari delle attività.