«I piani presentati dalle regioni per rafforzare gli ospedali prevedono mediamente un tempo di attuazione di 2 anni e 3 mesi. Quindi, se anche avessimo iniziato i lavori da fine luglio, avremmo concluso le opere a dicembre 2022»: così si “difende” il Commissario Arcuri nella lunga conferenza stampa (che tornerà anche tra 7 giorni come appuntamento stabile, ndr). «I piani delle regioni – che per carità di Patria non dirò di cosa consistevano – necessitano in media di 2 anni e 3 mesi per essere realizzati. Spero così di azzerare la polemica secondo cui il Commissario avrebbe perso tempo da luglio ad ottobre», spiega ancora Arcuri mostrando una slide che si era preparato in tempo prima della conferenza stampa. Il problema resta però aperto, visto che i protocolli potevano essere già attivati a maggio e sarebbero potuti essere “rimborsati” dal Commissario all’emergenza: il nodo è tutto qui, con le Regioni che lamentano come il rischio poteva tramutarsi in una spesa di rinforzo sanitario programmato senza poi la piena certezza che il Governo potesse finanziare l’intero importo. Il capitolo dunque non sembra chiuso, con la replica delle Regioni attesa nelle prossime ore: nel frattempo Arcuri ha invitato a non fare ulteriore polemica, salvo poi aggiungere «Stiamo producendo un grande sforzo. Spero – ha concluso – di non sentire mai piu’ inviti a non usare le mascherine, dichiarazioni sulla presunta morte del virus, elucubrazioni sulla sua ridotta capacita’ virale o richieste di mettere fine allo stato di emergenza».
VERTICE ARCURI E BOCCIA CON LE REGIONI
«La progressione attuale dell’indice Rt determina un raddoppio dei casi ogni settimana. E’ la cruda e drammatica realtà dei numeri», spiega il commissario Domenico Arcuri nella conferenza stampa di aggiornamento sull’evoluzione dell’emergenza Covid-19. In merito alle accuse sui ritardi per il rafforzamento di ospedali e terapie intensive: «colpa del commissario? Non esiste: le Regioni da maggio potevano realizzare gli investimenti e avvalersi dei finanziamenti secondo i piani messi a disposizione dal commissario». Oggi però è un’altro “mondo” rispetto a marzo, secondo la lettura del n.1 di Invitalia: «Il 21 marzo c’erano 6.557 contagiati, quel giorno morirono 793 italiani. Fino a quel giorno il 9% dei contagiati era morto e solo l’11% guarito. Fino a ieri, invece, il 6% dei contagiati purtroppo non c’è più, ma il 47% è guarito – ha aggiunto Arcuri -. A marzo il 52% dei positivi si curava a casa, ieri il 95%. Il 7% era in terapia intensiva, ieri lo 0,6%. Siamo in un altro mondo, prima il virus correva più forte di noi, correva e uccideva. Ora lo inseguiamo e lo colpiamo». Il problema oggi non sono le terapie intensive, ma l’affollamento degli ospedali e da cui scatta l’invito “strettissimo” lanciato dal commissario: «non uscite di casa se non per impellenti motivi di salute e lavoro. La crescita del contagio non e’ mai stata cosi’ impetuosa. Fa meno danni, ma se non raffreddiamo la curva, nessun sistema sanitario, tantomeno quello italiano, sara’ capace di reggere». Da lunedì prossimo Arcuri annuncia l’aumento di 200mila tamponi giornalieri e 100mila test antigenici (rapidi): «Medici di base e pediatri di libera scelta dovranno aiutarci ancora di piu’ di quanto hanno fatto finora – ha concluso -. Dobbiamo chiedergli di curare il piu’ possibile a casa, dotandoli dei dispositivi di sicurezza adeguati. Dobbiamo a tutti i costi alleggerire la pressione sugli ospedali».
VERTICE ARCURI E BOCCIA CON LE REGIONI
«Possono essere disponibili immediatamente e in tempo reale oltre 10.300 posti di terapia intensiva in tutta Italia», lo ha detto il Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia nel vertice sull’emergenza Covid-19 con il commissario Domenico Arcuri assieme alle Regioni. Davanti ai giorni di massima tensione per comprendere se le misure adottate dal Governo nell’ultimo Dpcm possano effettivamente ridurre la curva epidemiologica, l’ipotesi lockdown torna a farsi sempre più “pressante” da parte di alcuni esperti, membri del Cts e responsabili dei Pronto Soccorso italiani: riprende dunque il dialogo con i territori dopo che ancora nell’ultima conferenza stampa da Palazzo Chigi il Presidente Conte ha sottolineato come le Regioni avrebbero dovuto aumentare posti letto e terapie intensive già nei mesi prima dell’estate. Quei 10mila posti e oltre di letti da rianimazione, ribadiscono Arcuri e Boccia oggi, sono già quelli attivabili grazie ai materiali inviati dal Commissario. «Oggi dobbiamo dare un messaggio chiaro al paese e tranquillizzare i cittadini già ad aprile, nel picco dell’emergenza, avevamo toccato 9.500 posti di terapia Intensiva. Serve il massimo impegno per chi è in ospedale e per chi è malato, dunque tutti al lavoro e senza polemiche, che nessuno capirebbe e sarebbero imperdonabili», sottolinea ancora il Ministro per gli Affari Regionali nel ricordare comunque l’appoggio del Governo alle Regioni «per ogni necessità e continua senza sosta a supportarle per il rafforzamento delle reti sanitarie territoriali».
LE RICHIESTE DELLE REGIONI DEL NORD
Di contro, il commissario Arcuri fa sapere di avere inviato una mail alle Regioni con la richiesta dei fabbisogni per le terapie intensive in modo da alleggerire il carico degli ospedali: «Appena avremo raccolto i loro riscontri procederemo con una nuova distribuzione di materiali». Al momento, prosegue il n.1 di Invitalia, «sono attivabili ancora 1.445 posti di terapia intensiva e le Regioni si stanno già attrezzando per attivarli». Sono già nelle disponibilità altri 1.849 ventilatori pronti per la distribuzione «mentre dai dati in nostro possesso la percentuale dei pazienti in terapia intensiva rispetto ai posti letto attivati è pari al 22%, che scende al 18% attivando tutte le postazioni attivabili», conclude Domenico Arcuri. Piccata e molto dura invece la lettera inviata dalle Regioni del Nord Italia (governate dal centrodestra, ovvero Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia) al Premier Giuseppe Conte e alla Ministra dei Trasporti Paola De Micheli: «È gravissimo che il presidente del Consiglio e il ministro competente cerchino di scaricare le proprie responsabilità sulle Regioni. Inizino invece a erogare le risorse annunciate senza le quali il sistema Tpl non potrà stare in piedi ancora per molto», scrivono in una nota congiunta gli assessori ai trasporti Claudia Maria Terzi (Lombardia), Marco Gabusi (Piemonte), Giovanni Berrino (Liguria) e Graziano Pizzimenti (Friuli Venezia Giulia). Il tema è evidentemente quello dei trasporti ma il punto “discusso” nel vertice con Boccia e Arcuri riguarda anche inevitabilmente il reperimento delle risorse sanitarie: «Sorprende anche – concludono i quattro assessori sul nodo TPL – che il presidente del Consiglio Conte parli di un mancato pieno utilizzo delle risorse messe a disposizione delle Regioni per rafforzare il trasporto pubblico: la verità è che le risorse promesse dal Governo per i servizi aggiuntivi non sono ancora arrivate. Infatti, non è ancora stato approvato il decreto attuativo per il riparto dell’anticipazione dei primi 150 milioni sui 300 milioni di risorse stanziate dallo Stato. Per i servizi aggiuntivi, dunque, non è ancora arrivato un euro».