«La scuola tra dieci giorni aprirà e funzionerà come in Italia ha sempre funzionato, zoppicando un po’. E magari, dopo un breve rodaggio, andrà anche meglio di prima». Così Domenico Arcuri parla a Venerdì di Repubblica della riapertura delle scuole. Ma l’intervista è anche un “viaggio” personale all’interno dell’emergenza coronavirus per la quale il commissario straordinario si è guadagnato molte critiche. «Da quando sono commissario all’emergenza passo le notti sveglio, e mi metto a lavorare». E riguardo a come è stato affrontare quello “tsunami” che ha comportato tanti morti, ha dichiarato di essere stato «malissimo». Non è stato facile, ma non si è affidato alla religione: «Diciamo che non sono praticante, e non so nemmeno se ci credo». Nonostante gli impegni gravosi, tra mascherine, dispositivi e banchi, Arcuri ha trovato comunque il tempo per analizzare l’impatto dell’emergenza sull’Italia da un punto di vista diverso, scoprendo che ha “compattato” il nostro Paese. E per rendere l’idea ha usato un’espressione forte: «L’epidemia, insieme all’oltraggio dei corpi, ha fatto dell’Italia una nazione». Quindi prima non lo eravamo? Il concetto della ritrovata unione del nostro Paese comunque è naufragato subito dopo le prime riaperture, ma deve essergli sfuggito.



ARCURI E L’EMERGENZA COVID “LA SPERANZA CI HA CAMBIATI”

«Secondo me non ci ha cambiati la paura, ma la speranza», ha poi aggiunto Domenico Arcuri, lanciandosi in questa analisi sul Covid e l’impatto sulle nostre vite. Senza considerare che forse neppure la pandemia ci ha cambiati. Ma a Venerdì di Repubblica, torna sull’attualità e sull’errore commesso con la riapertura delle discoteche: «Quella è stata un’enorme stupidaggine. Ma l’hanno fatta le Regioni». Peccato però che il Governo potesse fermarle, come ha fatto con Musumeci in Sicilia per i migranti. «Lo so, sarebbe stato giusto fermarli. Ammetta però che è difficile governare un Paese che ha una struttura confusamente semifederalista». Se deve guardare l’orizzonte, non riesce a vedere la fine dell’emergenza: «Ci sono segnali di peggioramento». Ma non ci sta a passare per “professionista dell’emergenza”: «Con la pandemia non siamo ancora a questo». Invece sulla contestazione della Corte dei Conti, secondo cui il suo stipendio sarebbe troppo alto: «Non parlo mai male degli organi dello Stato. Secondo noi la contestazione è infondata. Non capisco perché sulla vicenda non prendano una decisione finale». Nell’intervista si entra anche nel privato, quindi Domenico parla dei figli: «Cerco di tenerli riparati. Anche perché già soffrono per l’esposizione mediatica della madre (ex moglie Myrta Merlino)».

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