Non c’è pace per la vicenda dell’ex Ilva, non solo sul fronte politico-economico-sociale per l’impatto che ancora ha sulla città di Taranto e in generale sull’industria siderurgica italiana: secondo la bozza del rapporto di Kpmg, una due diligence commissionata da Invitalia nel settembre 2020 sulla base della quale è stato deciso l’investimento finale, i conti disastrosi e la situazione di rischio non furono ascoltati dalla controllata statale. «Le performance attuali non permettono al Gruppo di restituire il debito verso Ilva (1,5 miliardi di euro) e finanziare gli impegni per investimenti (2,1 miliardi di euro)», spiega il rapporto di Kpmg riportato oggi in ampi stralci da “La Stampa”.



Nel mirino ancora una volta una decisione operativa dell’ad di Invitalia, Domenico Arcuri (l’ex commissario all’emergenza Covid prima del generale Figliuolo) che avrebbe ignorato gli allarmi prodotti dalla stessa due digilence: sono 76 pagine di raccomandazioni allarmi e avvertenze lanciate da Kpmg, non ascoltate dato che il giorno dopo l’invito finale del rapporto (9-10 dicembre 2020) Invitalia investì 400 milioni di euro per il 38% del capitale, firmandone anche 680 per il prossimo anno arrivando al 100% del controllo dell’acciaieria prima in mano ad ArcelorMittal.

IL RAPPORTO SULL’EX ILVA

Ambienti dell’attuale Governo sottolineano a “La Stampa” che, al di là del dato formale, «la responsabilità politica del passato governo nella decisione»: tradotto in parole chiare, il progetto affidato dal Governo Conte-2 all’allora commissario Arcuri (elemento che scatenò non poche polemiche per l’affollarsi di incarichi ad Invitalia) aveva già i prodromi del rischio da assumersi ma gli allarmi preventivati non sarebbero stati ascoltati minimamente. Caso eclatante è la situazione finanziaria dell’ex Ilva osservata dalla due diligence: nel bilancio al 31 dicembre 2019, di fatto l’ ultimo approvato all’epoca, è positiva per 658,9 milioni di euro: «Ma – scrive Kpmg – non tiene conto di una serie di voci che, se calcolate, la renderebbero negativa per 939,8 milioni, con una differenza al ribasso di 1,6 miliardi». Non è stato tenuto conto del debito verso Ilva di 1,4 miliardi di euro oltre ai 380 milioni di fondo rischi e oneri: inoltre, vi era una «grande quantità di fatture scadute nei confronti dei fornitori. 50 milioni di questi debiti come finanziari, perché scaduti da oltre 90 giorni». Secondo quanto riportato da “La Stampa” in merito al rapporto preventivo all’accordo Invitalia-ArcelorMittal, si legge «Considerando l’ ammontare significativo dei debiti commerciali scaduti sia verso parti correlate sia verso terzi raccomandiamo di ottenere una situazione completa aggiornata (…).Raccomandiamo inoltre di tenere in considerazione i relativi flussi di cassa futuri (…) in quanto tale scaduto può essere considerato una forma di finanziamento». I dubbi sui conti avevano infine portato all’elenco di 15 “findings” (risultati) da porre sotto stretta attenzione prima di firmare l’accodo: non è stato fatto e ora il bilancio 2020 non è ancora stato approvato, il cda nominato di “Acciaierie d’Italia” (il nuovo nome dell’ex Ilva, ndr) non si è nemmeno insediato, «Fonti di stampa hanno messo in relazione la mancata approvazione dei conti da parte del nuovo cda proprio ai dubbi sui conti» segnala “La Stampa”.

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