Il caso Bonafede-Di Matteo è tornato ieri al centro della nuova puntata di Non è l’Arena e ad intervenire è stato anche Sebastiano Ardita, membro del Csm. Il magistrato in merito ha sostenuto: “Il Dap è un posto di grandissima responsabilità nel quale normalmente il ministro assumendone la responsabilità nomina chi vuole”. Il problema principale, però, a suo dire consiste nel fatto che “questo posto è un posto che ha una storia e che oggi è affidato ad una dirigenza di complemento che finisce per non conoscere la realtà”. Secondo Ardita potrebbe non succedere nulla per anni ma all’improvviso ci si potrebbe ritrovare in guerra “come nel caso delle rivolte” in carcere. In questi casi accade che “anziché esserci il capo dell’armata che combatte, il generale che conosce il territorio, la storia, il luogo in cui si trova, le problematiche, c’è un ufficiale di complemento che è appena arrivato”. Con le sue parole Ardita si riferiva alla circolare firmata da una funzionaria del Dap che ha aperto le porte a oltre 500 tra boss e pericolosi detenuti.



ARDITA A NON È L’ARENA “AL DAP DOVEVA ESSERCI DI MATTEO”

“Il Dap non è una realtà che può essere affidata al primo che passa”, ha tuonato ancora Sebastiano Ardita, parlando in collegamento Skype con il conduttore Massimo Giletti. “Occorre fare una scelta che è chiara”, ha aggiunto, spiegando come nel Dap siano morte persone che non hanno avuto paura di fronte alle rivolte, restando sempre con la schiena dritta, “non hanno avuto paura di fronte alle questioni che riguardavano la mafia, i ricatti allo Stato che sono sempre passati dal carcere”. Tornando a Di Matteo, il magistrato sostiene che “sicuramente avrebbe fatto benissimo il capo del Dap perchè innanzitutto ha una conoscenza qualificata dei problemi, poi perchè ha una grandissima umanità, una capacità di credere, di compassione, di riscatto degli ultimi”, tutte qualità a suo dire principali per un direttore del Dap. Ardita sostiene che non c’entra nulla l’antimafia, venendo anche lui da quella cultura ed avendo sempre fatto rispettare le regole. Sempre secondo Ardita, è risaputo che lo scopo di Cosa Nostra sarebbe quello di eliminare il 41bis e far cadere il carcere a vita: “Ce lo dicono i collaboratori di giustizia ma non solo”.



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