Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto a Catania, ha parlato in una intervista a Il Fatto Quotidiano delle conseguenze che la Riforma Cartabia potrebbe avere sui casi giudiziari di cronaca nera come quello relativo all’omicidio di Giulia Tramontano. “Alessandro Impagnatiello se sarà condannato e avrà attenuanti per la confessione o il beneficio per il percorso della giustizia riparativa, fra liberazione anticipata e misure alternative o libertà condizionale, potrebbe uscire dal carcere dopo una decina di anni, come è accaduto ad altri”, ha affermato.
I motivi sono da ricondurre ai principi di giustizia riparativa che sono stati introdotti. “La riforma prevede che sin dal primo atto l’indagato deve essere informato della facoltà di accedere a percorsi di giustizia riparativa. Dal momento che la giustizia riparativa è una cosa seria e presupporrebbe una elaborazione della propria condotta, oltreché la certezza della responsabilità penale, ritengo che sia improponibile che immediatamente dopo l’arresto si possano avviare questi percorsi, anche per rispetto delle vittime dei reati”.
Ardita: “Alessandro Impagnatiello libero tra 10 anni”. L’effetto della Riforma Cartabia
La Riforma Cartabia, secondo il magistrato Sebastiano Ardita, apre dunque a scenari piuttosto preoccupanti. “È offensivo, oltreché pericoloso, che un indagato per violenza sessuale o per omicidio, possa chiedere di incontrare la vittima o i parenti prima ancora del processo”, ha aggiunto. È ciò che potrebbe accadere alla famiglia di Giulia Tramontano, la ventinovenne al settimo mese di gravidanza che è stata uccisa dal compagno Alessandro Impagnatiello in provincia di Milano. Anche per il caso di Alberto Genovese nelle scorse settimane si è discussa questa ipotesi.
Il testo tra l’altro aveva trasformato i reati a procedibilità d’ufficio in procedibili solo a querela come la minaccia o il sequestro. Il Parlamento ha corretto solo nel caso in cui quei reati siano commessi con l’aggravante di mafia o terrorismo. “Non è sufficiente. Nella gran parte dei casi la procedibilità a querela andrà a danno dei più deboli tra le vittime dei reati. La minaccia e la violenza potrebbero servire a scoraggiare anche la testimonianza o la denuncia dei semplici cittadini”, ha concluso l’esperto.