Dopo il voto favorevole alla Camera dei deputati anche il Senato argentino ha approvato la legge che sancisce la legalizzazione dell’aborto. Un Senato quasi spaccato in due, 38 i voti a favore contro 29 contrari, che rappresenta la realtà della nazione, divisa anch’essa in due sull’argomento. L’aborto non è dunque più reato, fino a oggi era consentito solo in caso di stupro o se la vita della donna era in pericolo, una legge che risaliva al 1921. Dopo Uruguay e Guyana, l’Argentina è il terzo paese dell’America latina a legalizzare l’aborto, voluto anche dal presidente Fernandez che ha commentato: “Oggi siamo una società migliore che espande i diritti delle donne e garantisce la salute pubblica”.
Nel 2018 analogo progetto di legge era stato bocciato con 38 voti contrari e 31 favorevoli. Festeggiamenti da parte dei sostenitori della Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito, che da anni guida la mobilitazione per depenalizzare l’interruzione di gravidanza in Argentina.
LA CONDANNA DELLA CHIESA
Con la legge approvata, sarà possibile abortire nelle prime 14 settimane di gravidanza. La legge permette però il rifiuto di praticare l’aborto agli operatori sanitari e agli istituti medici privati in cui tutti i medici siano contrari. Proprio ieri, davanti al Congress argentino, si era svolta una manifestazione dei contrari alla legge, con la partecipazione dell’arcivescovo Héctor Aguer, arcivescovo emerito di La Plata che ha parlato di “disagio spirituale e morale incombente sul paese”. L’arcivescovo ha ricordato che l’aborto è una questione scientifica, poiché quello che c’è nel grembo materno “è un essere umano, non un fenomeno come dice il ministro della Salute della nazione”. Ha anche indicato che l’aborto non può essere considerato una conquista delle donne, poiché le donne “sono fatte per la vita, per essere il santuario della vita”. E ha sottolineato che è una bugia che le donne povere vogliano abortire come sottolineano i sostenitori della legge.