Sembra senza fine la crisi per l’Argentina. Da tempo alla complicata situazione economica si accompagnano anche difficoltà a livello sociale. Ora la crisi è totale, perché è anche politica. Il ministro dell’Economia argentino Martin Guzman ha dato le proprie dimissioni. Al suo posto Silvina Batakis, vicina alla corrente della vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner. La crisi politica tra il presidente Alberto Fernandez, peronista moderato, e la vicepresidente era cominciata per l’accordo chiuso da Guzman con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ricordiamo che nel 2019 l’Argentina era andata tecnicamente in default a causa di un mancato pagamento di bond, da allora però i tentativi di stabilizzare l’economia si sono rivelati inefficaci in grado parte.



Nel 2020 ci ha messo del suo anche la pandemia Covid, così il Pil argentino è sceso di oltre l’11%, andandosi a sommare al calo degli anni precedenti. Quindi, Fernandez si è ritrovato una doppia crisi da affrontare: economia già debole e indebitata e inizio pandemia. Nel maggio 2020 l’Argentina è andata di nuovo in default. Non potendo finanziarsi sui mercati, il governo aveva cominciato a stampare moneta, causando un aumento dell’inflazione, penalizzando cittadini e aziende. Il governo è stato quindi costretto a ristrutturare il debito, cioè modificare le condizioni per la sua restituzione, all’inizio del 2022, col Fondo Monetario Internazionale.



CAOS ARGENTINA: GENTE IN PIAZZA CONTRO FMI

L’accordo sospendeva la rata da 700 milioni di dollari che l’Argentina doveva restituire a breve, congelando i successivi pagamenti, in cambio di una riduzione graduale del rapporto tra deficit e Pil dal 2,5% attuale allo 0,9% nel 2024. Ed è attorno a questo accordo che si sta consumando la crisi politica e al tempo stesso la protesta. Se Fernandez de Kirchner aveva criticato il ministro accusandolo di aver condannato il paese a una riduzione drastica della spesa pubblica, la popolazione è scesa in piazza per protestare. Come se non bastasse, la nuova ministra dovrebbe rinegoziare un debito di 2 miliardi di dollari con il Club di Parigi, un gruppo informale di creditori formati da paesi economicamente avanzati. Si tratta di una ristrutturazione fondamentale per avere nuovamente accesso ai fondi esteri per gli investimenti in infrastrutture ed energia.



La situazione, dunque, è a dir poco delicata. Sullo sfondo montano le proteste. Ad esempio, una manifestazione a Buenos Aires ha chiesto al governo argentino la sospensione dei pagamenti delle rate del debito nei confronti del Fondo Monetario Internazionale. Per i partiti di sinistra, sindacati e organizzazioni sociali, con l’inflazione galoppante e l’ingiustizia sociale, il debito è ingestibile e impagabile. Non sono mancati i tafferugli con la polizia, la protesta poi si è conclusa sulla Plaza de Mayo, davanti alla Casa Rosada, dove si sono moltiplicati gli slogan contro la vicepresidente argentina Cristina Kirschner, considerata principale responsabile della crisi.