Diana Mondino è stata recentemente scelta dal presidente dell’Argentina, Javier Milei, con Ministra degli Esteri, ed in un’intervista con il Corriere della Sera ha parlato del futuro politico argentino e dei rapporti che cercherà di tessere nel mondo occidentale. Partendo dall’Italia, la ministra ci tiene a sottolineare che “Javier e Meloni hanno una visione del mondo molto simile. Più libertà e meno regolamenti affinché gli individui possano sviluppare ricchezza”.



D’altronde, spiega Mondino, già adesso “le relazioni tra Italia e Argentina sono eccellenti” e nelle prossime settimane, sottolinea la ministra, “il tema più importante sarà l’agenda politica”. L’Italia e Meloni, infatti, per il governo argentino potrebbero rappresentare un “ponte verso l’Europa” non soltanto in virtù “della forte emigrazione italiana nel passato”, ma anche perché “diverse imprese italiane già operano in Argentina”, spiega Mondino, “e ci aiuteranno ad attrarre nuovi investimenti”. Centrale, nella politica estera argentina, sarà anche il ruolo di Papa Francesco, con il quale puntano a creare “un rapporto di lavoro. La chiesa è un canale straordinario per aiutare la società a superare una situazione economica, sociale e culturale così drammatica” e il suo supporto, sostiene la ministra, “per noi è vitale”.



Mondino: “L’Argentina non avrà più rapporti con la Cina”

Complessivamente, sottolinea ancora Mondino, l’obiettivo dell’Argentina sarà quello di allearsi “con tutte le democrazie liberali del mondo”, come “l’Europa, i Paesi del Commonwealth” ma anche USA e Israele, come disse lo stesso Milei in campagna elettorale. Sulla Cina, invece, che venne aspramente criticata del presidente argentino che disse di non voler avere rapporti con “luoghi dove c’è il comunismo”, la ministra sottolinea che “non ha mai detto che sarebbero state modificare le relazioni”.



L’Argentina, infatti, spiega Mondino, rispetta “le politiche interne degli altri paesi, soprattutto quando si tratta di democrazie”, mentre sulla Cina ciò che Milei intendeva era che “non ci saranno più contatti d’affari tra Stato e Stato”, mentre “il settore privato è libero di fare ciò che vuole”. Sul futuro interno argentino, invece, spiega chiaramente la ripresa “non sarà facile, né rapida. Ci hanno lasciato una Banca centrale con riserve negative”, ma il dramma principale “è sociale, ancor più che economico” perché in Argentina “i bambini di 11-12 anni lasciano la scuola”.