L’Argentina ha deciso di investire sul giacimento di gas da argille situato nella regione di Vaca Muerta. Il presidente peronista Alberto Fernandez, come riportato da Le Figaro, ha inaugurato nei giorni scorsi i 573 chilometri di tubazioni – a cui se ne aggiungeranno altre centinaia – che porteranno lo shale gas in punti strategici dell’immenso territorio, si spera in modo piuttosto veloce.



Il potenziale di queste miniere, situate nella provincia di Neuquén, equivale, secondo gli esperti, a 60 anni di consumo nazionale di petrolio e a ben 170 anni di gas. L’obiettivo del Governo è quello di sfruttarlo per diventare più indipendenti ed evitare le importazioni dalla vicina Bolivia, che durante il picco di consumi invernali ha raggiunto livelli insostenibili, complice anche la guerra in Ucraina e l’aumento dei prezzi. È per questo motivo che la prima ambizione energetica a Buenos Aires è quella di risparmiare, dal 2024, 2 miliardi di dollari.



Argentina investe su giacimento di gas da argille: la situazione economica del Paese

“L’Argentina dovrebbe essere un Paese esportatore e, invece, ha importato, dal 2008, 60 miliardi di dollari di gas naturale liquefatto (GNL)”, ha commentato a Le Figaro l’ingegner Emilio Apud, che ha ricoperto per breve tempo la carica di Segretario nazionale all’Energia, in Marzo 2001 e adesso si trova all’opposizione. Secondo l’esperto “le decisioni politiche sbagliate sui massimali di prezzo hanno esacerbato la domanda e allo stesso tempo gli investitori sono stati scoraggiati da costi di produzione eccessivamente elevati”.



È anche per questo motivo che l’Argentina ha deciso di puntare sul giacimento di gas da argille situato nella regione di Vaca Muerta, anche se i frutti potrebbero non arrivare in breve termine. Non si tratta però soltanto di una questione energetica, bensì anche politica. La coalizione peronista al Governo ha colto infatti questa opportunità anche per mostrarsi unita. “Se il gasdotto non è stato inaugurato prima è soprattutto a causa del conflitto interno. I disaccordi tra i gruppi di Fernandez e Kirchner hanno ritardato l’inizio dei lavori”, ha rivelato il politologo Juan José Martinez Olguin.