Le guerre logorano sempre ed infatti tutti i dittatori della storia hanno sempre sperato in conflitti brevi e vincenti perché – quando le cose si fanno lunghe – non si sa mai come vanno a finire. In una guerra-lampo sperava Putin invadendo l’Ucraina, non aspettandosi certo una così dura e compatta reazione occidentale, ma – mese dopo mese – l’opinione pubblica dei Paesi Nato si sta dimostrando sempre più tiepida verso Kiev, vista la crisi economica e i rischi di perpetuare un conflitto, chiedendosi se non sia il caso di trovare un modo onorevole per uscirne.
La recente visita di Zelensky negli Usa si è così svolta in un clima molto meno caloroso del passato, mentre anche sul fronte europeo – è il caso della Polonia – qualcuno comincia a storcere il naso. Il 2024 sarà anno elettorale per molti Paesi di qua e al di là dell’Atlantico e i sondaggi sono chiari: Kiev non “tira” più come prima. Negli Usa i repubblicani fanno i conti con la loro base elettorale sempre più tiepida, i democratici temono che i repubblicani abbiano gioco facile sostenendo che prima di aiutare Zelensky bisognerebbe pensare ai guai interni ed è per questo che i 24 miliardi di dollari extra chiesti dall’Ucraina slitteranno almeno al prossimo anno.
È anche un problema di bilancio: il rischio dell’esercizio provvisorio è reale, i repubblicani hanno rimandato la richiesta di impeachment di Biden sapendo che i democratici saranno messi in graticola sui conti dell’Unione e altri miliardi in armi potranno forse far felici i produttori, ma lasciano sempre più scettica l’opinione pubblica che neppure troppo sommessamente si chiede che fine facciano gli aiuti, se siano moralmente sostenibili le forniture di bombe a grappolo e proiettili a uranio impoverito, se la fornitura di nuove armi a Kiev non comporterà una escalation della tensione con la Russia rischiando di essere usate direttamente contro Mosca.
Scatta la questione delle “priorità”, ovvero l’andamento del debito pubblico, il problema immigrazione e le preoccupazioni elettorali che fanno breccia anche nei leader democratici che trovano sempre più difficile spiegare ai propri elettori perché il Congresso continui a versare decine di miliardi a Kiev quando rischia uno shutdown sul budget dell’Unione. Se lo speaker (repubblicano) della Camera Kevin McCarthy ha negato a Zelensky una seduta comune ed ha pensato bene di non farsi neppure fotografare con lui, lo stesso leader della maggioranza al Senato, il democratico Chuck Schumer, ha ammesso le sue difficoltà a trovare i voti necessari per far approvare perfino la concessione a Zelensky di nuove armi di difesa aerea (con l’esclusione, comunque, dei missili Atacms a lungo raggio).
In generale la solidarietà di Washington nei confronti delle continue richieste di armi e denaro da parte dell’Ucraina si assottiglia, anche se Kiev ha fatto sapere di aspettarsi “mesi difficili” dopo che la controffensiva ucraina è molto rallentata e già si annuncia l’inverno, stagione poco adatta a grandi operazioni militari. In definitiva il più grande sostenitore di Zelensky è rimasto Biden ma – anche qui – crescono i problemi, perché la posizione presidenziale è da sempre oggetto di commenti a proposito del figlio Hunter che entrò nel consiglio d’amministrazione della Burisma Holdings (compagnia ucraina del gas) nel maggio 2014 con uno stipendio di 50mila dollari al mese, forse (si chiacchiera) versati a papà ufficialmente come “affitto” di una casa di famiglia. Il figlio di Biden venne scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico e questo solo pochi mesi dopo la decisione di Obama di affidare all’allora suo vice Biden il compito di seguire la transizione politica in Ucraina.
Il potenziale conflitto d’interessi affiorò già nel 2016 quando Biden minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti se i nuovi leader ucraini non avessero licenziato (come avvenne) il procuratore generale Viktor Shokin, ufficialmente accusato di corruzione, ma che stava indagando anche proprio sulla Burisma. Su questo tema da sempre i repubblicani accusano Biden di interessi nascosti e – se il presidente rimanesse solo a sostenere gli aiuti a Kiev – è logico che la sua posizione sarebbe ancora più attaccabile, soprattutto in un anno elettorale.
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