Palazzo Chigi sta limando fino all’ultimo il testo della risoluzione sull’Ucraina che sarà votata oggi in Senato. Un tornante delicato per il governo, che ha visto dividersi i 5 Stelle tra il presidente Giuseppe Conte, restio a ulteriori invii di armi a Kiev, e Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, che ha accusato i parlamentari contiani di mettere a repentaglio la collocazione atlantista dell’Italia e del governo.
Nelle stanze di Draghi si lavora ad un testo nel quale tutti potranno riconoscersi, per evitare imprevisti e lacerazioni rischiose per l’esecutivo. Ma quelli tra Conte e Di Maio “sono solo personalismi, perché entrambi sono moderati che vogliono occupare uno spazio al centro” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, opinionista sull’HuffPost.
Più che il governo, che non rischia nulla – spiega Suttora – la spaccatura dei 5 Stelle preoccupa a sinistra: “Letta e il Pd sono disperati per il tracollo dei grillini”, perché con un partito scomparso dovranno rivolgersi al centro. E Di Maio lo ha capito benissimo.
Oggi potrebbero esserci sorprese? Il governo rischia?
Non credo proprio. Ma è sempre stato così. Conte in realtà non ha mai pensato di far cadere il governo, con il rischio di andare al voto anticipato. Così farebbe perdere ai parlamentari grillini gli otto ultimi mesi di stipendio prima del voto regolare del marzo 2023.
Hanno torto i 5 Stelle nel chiedere, nella nota diffusa dal consiglio nazionale, una maggiore centralità del parlamento?
No, il parlamento è troppo spesso esautorato dai troppi decreti del governo e dai troppi voti di fiducia che strozzano il dibattito e impediscono gli emendamenti. Ma i grillini non possono pretendere che si voti a ogni singolo invio di armi all’Ucraina. Anche perché c’è il segreto sul tipo di armamenti che forniamo, quindi è un dibattito sul nulla.
Di Maio aveva ragione nel dire che la bozza di risoluzione dei 5 Stelle “ci disallinea dall’alleanza della Nato e dell’Ue”, e più in generale nel criticare la direzione travaglio-contiana in politica estera?
È buffo che Di Maio, il quale fino al 2018 criticava la Nato per essere troppo dura con la Russia, e voleva “superarla”, ora si sia trasformato in un falco filoNato. Il suo è il classico caso di “trasformismo”: e poiché sente di avere molto da farsi perdonare e da far dimenticare, allora esibisce lo zelo del neofita, del convertito.
La Nota di M5s dice che il Movimento “mai ha posto in discussione la collocazione del nostro Paese nell’ambito di queste tradizionali alleanze” (Nato, Ue, ndr): che ne pensi?
Fino a pochi anni fa i grillini erano contro l’euro, alleati dell’inglese Farage autore della Brexit, e i suoi parlamentari andavano nella Crimea occupata e a Mosca a baciare la pantofola di Putin. Ottimo che abbiano fatto inversione a U. Speriamo la facciano anche sul reddito di cittadinanza e sui termovalorizzatori, così avranno cambiato idea su tutto.
L’espulsione di Di Maio è stata congelata: cosa prevedi?
Conte è furbo, vuole che sia Di Maio ad andarsene, per non regalargli l’aureola del martire.
Di Maio si farà cacciare o assumerà un’iniziativa in proprio?
Di Maio provoca perché spera di essere espulso. Ma è troppo presto, il suo progetto di nuova lista elettorale di centro col sindaco di Milano Sala e quello di Venezia Brugnaro, le forziste Carfagna e Gelmini, l’ex forzista Toti e il mattarelliano Cottarelli è ancora acerbo.
Fico ha detto che “lo statuto oggi è operativo al 100 per cento perché il tribunale di Napoli ha rigettato la causa degli ex M5s”. Perché lo dice? Si va allo scontro legale?
Al di là delle beghe legali, il problema è che Conte e i contiani non sopportano più Di Maio e i dimaiani. Ma si tratta di personalismi, perché entrambi sono moderati che vogliono occupare uno spazio al centro. Quindi le loro liti hanno il sapore della sceneggiata napoletano-pugliese.
Però in queste ore si parla di “punto di non ritorno”. E se fosse ormai un auspicio? Non è ormai chiaro da tempo che Di Maio ha una sua agenda personale?
Di Maio un anno fa, come tutti i grillini, sperava che Conte trasferisse sul M5s la propria popolarità personale, oltre il 50%. Ma il voto del 12 giugno ha visto i grillini crollare addirittura all’1% in tutte le città del Nord tranne Genova. Il Movimento non esiste più. I sondaggi lo danno ancora al 12%, ma lo stesso Di Maio teme che scenda al 5-8%. Quindi non gli interessa più stare in una nave che affonda.
Secondo te in caso di rottura quanti parlamentari porterebbe con sé?
Una quarantina.
Pare che Letta stia svolgendo un ruolo. Sicuramente non può permettersi un’alleanza con chi mette in discussione la linea Draghi. Resta solo Di Maio, magari con qualcun altro…
Letta e il Pd sono disperati per il tracollo dei grillini. Sommando al proprio 20% un M5s ridotto al 12% non riescono a competere con un centrodestra attestato al 40-45%. I voti persi dai grillini sono finiti prima a Salvini, ora alla Meloni, e all’astensione. I centristi di Calenda e Bonino valgono al massimo il 4%, l’ultrasinistra ancora meno. Insomma, più che un “campo largo”, l’auspicata alleanza di centrosinistra sembra un camposanto.
A Roma è atteso Grillo. Quali saranno le sue mosse?
Cercherà di rappattumare i suoi adepti, ma anche lui ha capito che il Movimento si sta sfasciando alla stessa velocità con cui era esploso. E deve ancora scoppiare lo psicodramma degli eletti che hanno esaurito i due mandati, contro quelli che sono al primo e quindi mirano ai pochi posti disponibili prendendo proprio il posto dei veterani. Sarà una strage cannibalesca. Molti pensano addirittura di cambiare simbolo, di rinunciare alle 5 Stelle per disperazione.
(Federico Ferraù)
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