I senatori repubblicani Usa, guidati dallo speaker della Camera Kevin McCharty, secondo il New York Times hanno risposto picche alla nuova richiesta di armi di Zelensky che Biden vorrebbe concretizzare in un pacchetto da 24 miliardi di dollari. E anche la Polonia, infastidita dalla controversia con l’Ucraina sul grano, farà un passo indietro per le forniture, anche se fonti americane fanno capire che il sostegno potrebbe continuare. Se ci mettiamo gli attacchi missilistici russi su Kiev e una controffensiva che continua a stentare, le prospettive della guerra per gli ucraini sono abbastanza grigie. Se non nere addirittura. Una serie di fattori, ai quali si aggiunge l’imminente autunno e con esso l’impossibilità di grandi avanzate territoriali in presenza di un terreno fangoso, che inducono a pensare ai prossimi mesi come il momento adatto per cominciare a lasciare le armi almeno in sottofondo e a far parlare la diplomazia, per giungere a un cessate il fuoco. Così auspica Vincenzo Giallongo, colonnello dei carabinieri in congedo che ha partecipato a numerose missioni estere in Albania, Iraq, Kuwait e Kosovo, davanti a uno scenario niente affatto incoraggiante per Kiev, alle prese anche con qualche problema interno.
Gli americani sembrano essere sempre più tiepidi sul sostegno all’Ucraina: il loro appoggio non è più così sicuro?
L’amministrazione Usa ha tutto interesse a tirare in lungo la guerra, ma con l’avvicinarsi delle elezioni deve inventarsi qualcosa perché non tutta la cittadinanza americana è d’accordo con questa scelta. Biden rischia di perdere qualche punto se insiste troppo sull’appoggio agli ucraini. Penso che a quasi due anni dall’inizio della guerra e ora che il terreno si infangherà per l’arrivo dell’autunno, si arriverà a qualche discorso più sostanzioso se non in termini di pace almeno di cessate il fuoco. Zelensky si deve rendere conto che Biden potrebbe anche non vincere le elezioni presidenziali e che se perdesse i repubblicani non sarebbero così convinti di continuare a sostenere l’Ucraina nel conflitto. Il fatto stesso che i repubblicani abbiano detto che, se vincessero nel 2024, la politica estera non cambierebbe, è proprio il segnale che, invece, cambierebbe: excusatio non petita, accusatio manifesta. Confermano ufficialmente la linea perché sanno che qualche problema c’è, altrimenti che bisogno avrebbero di farlo?
Ma come la pensano veramente gli Stati Uniti, come si stanno muovendo in relazione al conflitto?
Ci sono stati contatti con i cinesi. L’appoggio a Putin di Pechino è più blando di prima, ma se la Cina facesse un passo indietro sono convinto che anche gli americani lo farebbero. E Putin si troverebbe a dover patteggiare offrendo qualcosa in più rispetto a quello che concede adesso, cioè poco. Zelensky lo convincerebbero gli Usa, basterebbe dirgli che non è più possibile sostenerlo.
Zelensky non riesce più a far breccia nell’Occidente, a convincere gli alleati a sostenerlo?
La controffensiva ha permesso di guadagnare poco territorio. Non solo: quando una guerra la si fa in casa propria e non si può sfondare la linea della frontiera, quella russa in questo caso, non si va molto avanti. Non poter attaccare il nemico nel suo territorio è un limite importante. Quando gli americani fecero la guerra in Corea c’era l’obbligo di non superare il 38esimo parallelo, se si ha un limite massimo non si può vincere, diventa solo una guerra di posizione. Se gli ucraini devono fare solo una guerra difensiva hanno già perso.
Se Kiev non avrà neanche l’incondizionato sostegno americano diventerà dura?
Era dura già prima: per prima cosa perché mancano gli uomini, senza di loro il controllo del territorio non ce l’hai. Si possono anche conquistare chilometri di territorio ma se poi non si hanno gli uomini per presidiarlo bisogna tornare indietro. Certo, alla fine qualcuno ne esce vincitore: gli Usa rispetto alla Russia escono vincitori perché hanno indebolito Putin, la stessa Cina ha avuto i suoi vantaggi per lo stesso motivo: prima Russia e Cina erano sullo stesso piano, ora non è più così perché Mosca ha dovuto impegnare molte risorse nel conflitto.
Anche la Polonia, dopo la querelle commerciale che l’ha portata a impedire l’acquisto del grano ucraino e la conseguente minaccia di Kiev di una causa, ha annunciato che non fornirà più armi. Eppure era il Paese europeo che sembrava più convinto nel sostegno all’Ucraina. Quanto peserà questa decisione?
Più che armi, che arrivano da Usa e Gb, la Polonia aveva sul suo territorio dei centri di addestramento del personale che poi andava a combattere in Ucraina. Questa decisione sicuramente non aiuta Kiev, anche se i problemi più grossi sono altri, come ad esempio la distruzione del territorio ucraino: se non puoi portare l’offensiva oltre il confine i danni li avrai tutti sul tuo territorio. Ci sono delle zone in Ucraina in cui ci sono solo macerie e anche l’opinione pubblica comincia a chiedersi se ne valeva la pena. Per quanto riguarda la Polonia, se trovasse un accordo sul grano potrebbe recedere dalle sue posizioni. Ma non è questo il problema nella guerra per gli ucraini.
A proposito di distruzioni i russi hanno appena condotto un raid missilistico contro Kiev tornando a colpire le strutture energetiche. Una strategia che a lungo andare può lasciare il segno più di quanto abbia già fatto?
Qualche mese fa tutti parlavano della controffensiva, ma la Russia non poteva rimanere con le mani in mano. Putin ha capito che i cinesi non gli avrebbero mai dato armi e allora è andato a prendersele in Iran. Poi vogliamo veramente pensare che un Paese che ha 40 milioni di abitanti possa far fronte da solo a un Paese che ne ha oltre 140 milioni? Non è possibile, alla lunga chi ha più gente vince. Le armi da sole contano poco.
L’Occidente tentenna, l’Ucraina non ha più forze, l’autunno avanza: è veramente arrivato il tempo di cominciare a parlarsi per mettere fine alla guerra?
Spero molto in questo autunno-inverno perché si riesca ad arrivare a un compromesso che magari non accontenterà i contendenti in parti uguali, ma che potrebbe creare le basi per un cessate il fuoco.
(Paolo Rossetti)
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