Solo la pausa forzata di Ferragosto, e probabilmente lo stop della Meloni, sembrano avere messo un freno ai malumori che serpeggiano nel partito di maggioranza relativa (FdI) sulla controffensiva ucraina in territorio russo e di conseguenza sul possibile uso in chiave offensiva delle armi italiane date a Kiev. Uno scenario che probabilmente non era stata contemplato quando sono cominciati i cosiddetti “pacchetti” di aiuti, il cui contenuto, in termini di quantità e tipo di armi fornite, rimane secretato fin dai tempi del Governo Draghi.
Così nelle scorse ore svariate dichiarazioni politiche si sono sovrapposte ad altre questioni di profilo giuridico, rendendo complicato fare chiarezza. La parola dunque ad Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma Sapienza.
Per il giurista, “fin tanto che l’azione delle forze di Kiev è tesa a liberare il territorio ucraino occupato militarmente dalla Russia, essa rientra nel diritto di legittima difesa”. Non conosciamo i limiti posti dall’Italia all’impiego delle sue armi, e neppure il vero obiettivo militare degli ucraini. Ma potrebbe essersi rotto un equilibrio, e la Russia risolversi ad “attuare contromisure che, finora, sono state solo minacciate”.
L’Ucraina ha lanciato un’offensiva in territorio russo per rafforzare la propria posizione in sede di trattativa. Questo obiettivo è coerente con quanto previsto dal diritto internazionale sulla legittima difesa?
Secondo le regole internazionali, e anche secondo un po’ di buon senso, la legittima difesa include anche contro-attacchi e azioni diversive al fine di respingere l’aggressore e ripristinare la propria sovranità. In altre parole l’aggredito, al fine di far cessare l’aggressione, ha il diritto di attaccare a sua volta il territorio dell’aggressore. Sempre, ovviamente, rispettando i limiti del diritto internazionale, e cioè il limite della proporzionalità e i vari limiti del diritto umanitario.
L’azione dell’Ucraina in territorio russo rispetta entrambi i requisiti?
La prima condizione sembra rispettata. L’Ucraina ha dichiarato di non voler occupare indefinitamente parti del territorio russo. L’azione militare avrebbe l’obiettivo di distogliere truppe russe che combattono sul territorio ucraino e di rafforzare la propria posizione negoziale al futuro e incerto tavolo di negoziato.
E per quanto riguarda la seconda condizione?
Non ho dati sul rispetto del diritto internazionale umanitario, in primo luogo il principio di distinzione fra civili e combattenti. Spero che l’azione militare ucraina sia rivolta esclusivamente verso obiettivi militari, salvaguardando la popolazione civile.
In caso contrario?
In caso contrario, la circostanza che l’esercito russo abbia ripetutamente bombardato obiettivi civili non potrebbe giustificare condotte similari da parte ucraina.
Perché il diritto di legittima difesa non comporta che l’azione militare abbia luogo nel territorio attaccato?
Perché la legittima difesa è una nozione funzionale, nel senso che qualsiasi azione finalizzata a far cessare l’aggressione può essere rivolta contro obiettivi militari legittimi, e in qualsiasi luogo, incluso il territorio dello Stato aggredito. D’altronde, da tempo l’Ucraina ha attaccato obiettivi militari fuori da proprio territorio. Ricordo le varie azioni contro navi da guerra russe nel Mar Nero e nei porti russi; o anche le azioni spettacolari contro il Ponte di Kerch, che collega la Russia alla Crimea. L’azione di questi giorni è semplicemente un’azione più massiccia di altre, che coinvolge decine di soldati e mezzi militari e che comporta un’occupazione temporanea di una larga area del territorio russo. Quel che a noi non è chiaro è l’obiettivo militare di questa azione.
Spieghi bene questo punto.
Non sappiamo, cioè, se si tratti di una semplice azione diversiva o se le unità dell’esercito ucraino intendono trincerarsi e, quindi, difendere questo territorio dai probabili attacchi dell’esercito russo, aprendo così un nuovo fronte, stavolta sul territorio russo. È anche possibile che le truppe ucraine, avendo saggiato la debolezza delle difese russe oltre il fronte del Donbass, intendano spingersi in profondità e minacciare i grandi centri russi. Ma questo non è un profilo giuridico, quanto un profilo di strategia militare. Fin tanto che l’azione è tesa a liberare il territorio ucraino occupato militarmente dalla Russia, essa rientra nel diritto di legittima difesa.
Se un Paese, come ha fatto la Finlandia, autorizza l’Ucraina ad utilizzare le armi fornite per colpire la Russia, diventa co-belligerante?
Questo è un problema molto complesso e dibattuto. Le regole del diritto internazionale sulla neutralità si sono formate in tempi remoti e quindi non è semplice accertarne il contenuto odierno. Secondo il diritto classico, gli Stati terzi, in caso di conflitto armato, hanno il dovere di neutralità, meglio specificato in una convenzione del 1907. La violazione potrebbe comportarne la perdita dello status di neutralità e, quindi, l’acquisizione dello status di belligerante. Tuttavia, oggi il diritto di neutralità deve contemperarsi con il diritto di legittima difesa collettiva, che consente, e forse anche impone, agli Stati terzi di assistere lo Stato aggredito, anche con azioni militari contro lo Stato aggressore.
La fornitura di armi a un belligerante rientra quindi nel diritto di legittima difesa?
Sì. Se uno Stato terzo può assistere lo Stato aggredito con il proprio esercito, esso può assisterlo anche con una misura meno invasiva, e cioè con la fornitura di armi. Ma, a sua volta, l’aggressore può qualificare tale condotta come una violazione dei doveri di neutralità e, quindi, rispondere militarmente. Difatti la Russia ha minacciato più volte di colpire, anche sul territorio di Stati terzi, convogli che trasportano materiale militare verso l’Ucraina.
Finora questo non è accaduto.
Fino ad oggi in pratica abbiamo assistito a una sorta di accordo tacito: la Russia ha tollerato l’assistenza fornita all’Ucraina dagli Stati occidentali, a condizione che le armi non fossero utilizzate contro obiettivi sul territorio russo. Adesso l’azione ucraina potrebbe essere vista dalla Russia come una rottura di questo equilibrio precario. Verosimilmente è proprio per questo che l’Ucraina si è affrettata a indicare che gli Stati occidentali non erano a conoscenza dei piani dell’azione militare in territorio russo, e gli Stati occidentali hanno negato che le forniture militari all’Ucraina siano state utilizzate in tale azione.
L’Italia riconosce all’Ucraina il diritto di difendersi, ma continua a ribadire il no all’uso della armi italiane in territorio russo. Se invece questo utilizzo venisse accertato, come cambierebbe la posizione dell’Italia?
Come ho spiegato, non cambierebbe: l’assistenza militare a un belligerante può sempre essere qualificata dall’altro belligerante come una violazione del diritto di neutralità, sia che le armi siano usate sul territorio dello Stato aggredito, sia che esse siano usate in legittima difesa sul territorio dello Stato aggressore. Insomma, l’uso delle armi italiane in territorio russo non vale a modificare la posizione italiana secondo il diritto internazionale. Certo, la Russia potrebbe attuare contromisure che, finora, sono state solo minacciate.
Cosa si può fare per evitarlo?
La compattezza degli Stati occidentali è vitale al fine di contenere la reazione russa.
Cosa può dirci sotto il profilo giuridico del vincolo a non utilizzare le armi fornite dall’Italia esclusivamente per ragioni difensive?
Non conosco i dettagli di tale vincolo. È verosimile che l’Italia, come qualsiasi altro Stato, abbia posto limiti all’uso delle armi e degli equipaggiamenti militari forniti all’Ucraina. Qualora l’Italia abbia posto il limite del rispetto del diritto internazionale, l’Ucraina avrebbe il solo obbligo di utilizzarli unicamente a fini difensivi, sia sul territorio ucraino che sul territorio russo. Qualora invece l’Italia abbia specificato che le armi fornite vadano usate solo sul territorio ucraino, l’Ucraina avrebbe l’obbligo di rispettarlo nei rapporti bilaterali con l’Italia.
In tutte le prese di posizione riguardanti le nostre forniture di armi a Kiev si cita la Costituzione e si chiama in causa il Parlamento. Ha qualche osservazione in merito?
Direi di no. La Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, non proibisce di soccorrere una Stato oggetto di una palese aggressione. Certamente, gli organi competenti debbono vegliare perché le armi fornite siano utilizzate in conformità al diritto internazionale.
Quindi?
Ritengo che il Parlamento debba essere informato puntualmente e preventivamente delle decisioni del Governo e abbia il diritto e il dovere di supervisionarne le linee politiche. Tuttavia, la fornitura di armi all’Ucraina è stata stabilita con un atto vincolante di politica estera dell’Unione Europea, la Decisione (PESC) 2022/338. È nell’ambito di questa decisione, la quale lascia un margine di discrezionalità agli Stati membri, che il Parlamento italiano può e deve esercitare le proprie prerogative.
Dopo l’offensiva su Kursk si sono moltiplicate le uscite in ordine sparso di esponenti del Governo, da Tajani a Crosetto. L’opposizione chiede che il Governo riferisca in Parlamento. Da cosa dipende a suo avviso la stranezza, la difficoltà, secondo qualcuno l’ambiguità di questa nostra situazione?
È bene non commentare, da un punto di vista tecnico, dichiarazioni, come dice lei, in ordine sparso su questioni giuridicamente scottanti. Le dichiarazioni hanno spesso, ahimè, un mero obiettivo politico; sarebbe bene che i nostri dirigenti politici – tutti i nostri dirigenti politici –, prima di far dichiarazioni, tenessero conto dei profili giuridici, i quali spesso limitano e condizionano il potere politico.
A suo avviso la controffensiva ucraina aiuta od ostacola una risoluzione pacifica del conflitto?
Mi chiede una valutazione di opportunità, che richiede grande perizia nella scienza militare e nella scienza politica. La guerra russo-ucraina è una tragedia collettiva che ci riporta a un passato dove la guerra era una opzione politica degli Stati: un passato che non vorremmo ripetere. Alla prova dei fatti, se vogliamo un futuro senza guerre, come indica la Carta delle Nazioni Unite, è bene che gli aggressori siano respinti sul campo e condannati nei tribunali penali internazionali.
Resta il fatto che la guerra russo-ucraina ha delle radici profonde nelle scelte geopolitiche, anche di quelle degli Stati occidentali.
È vero, ma sul terreno militare ciò poco importa. Ciò che importa è respingere la pretesa di uno Stato militarmente potente di piegare alla propria volontà di potenza uno Stato di gran lunga più debole. Se l’azione militare ucraina avesse successo – svelando, cioè, le debolezze del sistema difensivo russo al di là di quanto si potesse pensare – essa potrebbe contribuire grandemente ad aprire un tavolo di negoziato.
(Federico Ferraù)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.