Mettere al bando le armi nucleari: questa la missione di Daniel Högsta, direttore esecutivo di Ican, la Campagna per l’abolizione delle armi nucleari, organizzazione premiata nel 2017 col premio Nobel per la pace. «La nostra priorità è di accrescere il numero di Stati che ratificano il Trattato per la proibizione delle armi nucleari: questo è molto importante, anche da parte di Stati che non possiedono armi nucleari perché tutto questo accresce la percezione di illegalità relativamente all’uso delle armi nucleari», dichiara all’Avvenire. Per Högsta le armi nucleari vanno paragonate a quelle chimiche e biologiche. La loro missione non è impossibile, ma senza dubbio complessa. «Ci sono Stati, come ad esempio le Filippine e la Nuova Zelanda, che hanno forti legami militari con gli Stati Uniti e quindi non vogliono proibire le armi atomiche».
Si spiega così l’importanza di ogni adesione: «Aumenta la pressione verso gli Stati che hanno legami diretti con le armi nucleari come anche consente di aprire nuove forme di pressione politica con i Paesi che hanno varie forme di Regno Unito relazioni con le armi nucleari». Un appuntamento importante in tal senso è il secondo meeting degli Stati che riconoscono il Trattato per la proibizione delle armi nucleari: si terrà dal 27 novembre all’1 dicembre nella sede dell’Onu a New York, in una fase in cui il rischio di proliferazione nucleare cresce. «Alcuni Stati, di fronte a una situazione di globale instabilità, potrebbero decidere per la loro sicurezza di dotarsi di armi nucleari. C’è di fatto una nuova corsa al nucleare con vecchie potenze come Usa, Russia e Cina impegnate a modernizzare i loro arsenali». Per Högsta si tratta di «una tendenza preoccupante».
“COLLABORIAMO CON L’ITALIA E MANTENIAMO PRESSING”
Pur ipotizzando un’adesione ampia, la più grande possibile, il dubbio riguarda la capacità di assicurare che il Trattato per la proibizione delle armi nucleari venga effettivamente rispettato. «Negli ultimi due anni la Russia ha minacciato numerose volte di usare l’arma nucleare provocando, dopo la prima riunione degli Stati aderenti al Trattato dello scorso anno, una condanna generalizzata», osserva Daniel Högsta all’Avvenire. Questa condanna ha spinto la Russia a non rilanciare queste minacce. «Lo stigma internazionale serve a innalzare la soglia di condanna per l’uso di armi atomiche». Il direttore esecutivo di Ican evidenzia che «si stanno ponendo sempre più solide basi ai meccanismi di verifica del disarmo nucleare che speriamo vengano accolte e diffuse». Inoltre, il Trattato può essere implementato con accordi multilaterali.
Tra i Paesi che non hanno aderito al Trattato c’è l’Italia, che non parteciperà all’evento a New York. «L’Italia non sarebbe stato il solo Stato osservatore: Germania, Norvegia, Olanda e Belgio erano presenti al primo meeting fra gli Stati come osservatori. La Norvegia è membro Nato e gli altri tre Paesi, come l’Italia, sono membri Nato e ospitano armi nucleari». Pertanto, per Högsta non c’era il rischio politico. «A tutto questo va aggiunto che l’Italia si è sempre detta a favore del disarmo nucleare per cui una sua non adesione al Trattato pare del tutto incongrua». Ma Ican vuole continuare a lavorare con l’Italia che «ha una buona esperienza nel soccorso delle vittime e nella bonifica ambientale. Per quanto ci riguarda continueremo a fare pressione finché l’Italia non avrà siglato il trattato».