Oltre 6 miliardi di euro di armi per l’Ucraina che non si sbloccano. Una vicenda che spiega non solo l’impasse dell’Europa in relazione alla guerra tra Mosca e Kiev, ma anche gli ostacoli che l’UE deve superare per avere una politica estera comune. L’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha dichiarato pubblicamente che da mesi quei soldi non vengono stanziati perché manca l’unanimità. Sì, perché, come spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale all’Università Sapienza di Roma, le decisioni di politica estera Bruxelles deve prenderle con il consenso di tutti gli Stati membri, e quindi anche il più piccolo Paese dei 27 può far valere il suo voto e bloccare una delibera condivisa da tutti gli altri.
Borrell si è detto favorevole all’impiego, da parte degli ucraini, delle armi fornite dagli europei per attaccare in territorio russo. Un dibattito, questo, su cui NATO e UE hanno evidenziato delle spaccature interne. Il problema è che in una situazione del genere la Russia potrebbe sentirsi in diritto anche di attaccare chi ha fornito le armi. Oggi non lo fa solo perché finora con l’Occidente c’è stato un tacito accordo in base al quale veniva impedito l’uso degli armamenti per azioni in Russia. In realtà, già la semplice fornitura di armi, anche se usate solo in Ucraina, di per sé autorizzerebbe i russi a una risposta anche nei confronti degli occidentali.
Borrell ha dichiarato che la UE non riesce da mesi a stanziare 6,6 miliardi di euro per l’Ucraina perché manca l’unanimità tra i Paesi aderenti: come è possibile?
La fornitura di armi all’Ucraina è prevista sulla base di una delibera di politica estera. In questo ambito si vota sempre all’unanimità, tranne alcune ipotesi di astensione costruttiva. Vuol dire che il Paese che si astiene vuole starne fuori, ma senza impedire che la decisione sia presa dagli altri, specificando che il motivo dell’astensione è questo. Immagino che fra i Paesi dissenzienti ci sia l’Ungheria; se vota contro, impedisce l’adozione della delibera, se si astiene senza fare dichiarazioni sarà vincolata alla delibera, ma se vuole farla passare standone fuori sceglie l’astensione costruttiva, già utilizzata in questi anni. Chi è contrario può voler bloccare completamente la decisione oppure negoziare per ottenere qualcosa.
La situazione non si sblocca da tempo, trovare la soluzione sarà difficile.
Che trovare una soluzione sia difficile non c’è dubbio, che non si riesca a sbloccare la situazione, dipende. Parliamo dell’Ungheria, ma il discorso potrebbe riguardare anche altri Paesi. Ufficialmente non lo sappiamo, lo sapremo quando questa storia sarà finita. Non c’è un verbale, possiamo fare un’ipotesi sull’Ungheria sulla base di quanto dichiarato tante volte da Orbán.
È un meccanismo di voto necessario per ogni decisione relativa alla politica estera. La UE rischia di rimanere frenata anche su altri temi?
Non c’è dubbio: la politica estera europea è molto farraginosa proprio perché richiede l’unanimità. Anche un Paese piccolissimo, che tutto sommato conta poco nelle dinamiche dell’Unione, ha la prerogativa di poter bloccare le decisioni, a volte lo fa per ottenere dei vantaggi. Nel caso dell’Ucraina più volte è stata invocata l’astensione costruttiva, tecnica che, appunto, consente a uno Stato di dissentire da una decisione, restandone fuori, senza impedire che venga presa.
Borrell sostiene che è lecito usare le armi europee per colpire obiettivi in territorio russo, affermando che secondo la legge di guerra se un Paese ne attacca un altro, anche quello attaccato può fare lo stesso. Un’argomentazione sufficiente per giustificare l’utilizzo di armi non ucraine per colpire in Russia? In quel caso Mosca potrebbe a sua volta attaccare i Paesi che hanno fornito gli armamenti?
Certo che potrebbe farlo, tuttavia questa non è una questione giuridica ma politica. Gli USA e l’Europa hanno fornito armi all’Ucraina ponendo il limite che non avrebbero dovuto essere utilizzate per attaccare il territorio della Russia: un’esigenza politica, con la quale hanno voluto accentuare il carattere difensivo del loro intervento. Ma ci si può difendere anche contrattaccando: se tu attacchi il mio territorio io ho il diritto di attaccare il tuo in maniera tale che tu ti ritiri. Invece proprio perché la Russia è la Russia, cioè una superpotenza atomica, gli Stati occidentali hanno stipulato un accordo tacito: Noi forniamo armi (che è proibito dal diritto di neutralità) ma ne limitiamo l’impiego al suolo ucraino.
L’invio delle armi da parte dell’Occidente all’Ucraina quindi di per sé sarebbe illegittimo?
Di per sé sì, perché è vietato dal diritto di neutralità. Per dirla meglio: se uno Stato fornisce armi a un altro Stato dovrebbe acquisire lo status di belligerante, legittimando azioni militari nei suoi confronti da parte del Paese contro cui le armi si volgono. Fornendo noi armi all’Ucraina, la Russia avrebbe il diritto di operare militarmente nei nostri confronti. Finora non lo ha fatto perché c’è stato questo tacito accordo che non sarebbero state usate in territorio russo. Il timore è che se cadesse il veto all’Ucraina di usarle sul suolo russo, Mosca potrebbe passare ad azioni di rappresaglia, trascinando gli Stati occidentali in guerra. Stiamo giocando sul filo del rasoio.
Questa vicenda ha evidenziato una spaccatura sia nella NATO che nella UE, tanto che quando Stoltenberg e Borrell hanno dichiarato di essere a favore, alcuni Stati, tra cui l’Italia, hanno preso le distanze da questa posizione. Quelle dell’alto rappresentante UE per la politica estera e del segretario generale della NATO sono state delle fughe in avanti senza ascoltare i Paesi aderenti?
Non sono fughe in avanti, saranno state oggetto sicuramente di un dibattito a porte chiuse. Ci sono due anime. Una che teme che senza una manovra militare diversiva i russi sfondino il fronte. E probabilmente questo è il parere dei generali ucraini sul campo. C’è un’altra linea di pensiero secondo cui questa manovra, l’uso di armi contro obiettivi russi, potrebbe essere molto pericolosa. Stoltenberg e Borrell conoscono la situazione. È evidente, comunque, che sia all’interno della UE che della NATO c’è una spaccatura su come muoversi.
(Paolo Rossetti)
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