La recente sentenza della Corte penale internazionale contro Netanyahu, e quella precedente contro Putin, ci obbligano a riaprire una questione ormai evidente: quella del valore e del peso che hanno certe organizzazioni internazionali. A parte il fatto, anch’esso evidente, di assorbire incredibili risorse che potrebbero essere usate diversamente, ci si domanda che senso abbia sostenere certe posizioni di principio, anche giuste, che però non hanno applicazioni pratiche efficaci, e che, anzi, alimentano il discredito verso le istituzioni internazionali stesse.
Del resto quasi tutti capiscono che, se per ottenere la pace si deve trattare anche con Putin e Netanyahu, come si fa ad eseguire mandati di cattura se questi leader dovessero mai venire in uno dei Paesi che riconoscono la Corte penale internazionale? Infatti, non a caso, c’è chi comincia a parlare di deroghe alla sentenza appellandosi magari all’ Art. 31 dello Statuto della Corte, o al fatto che, comunque, sia l’uno che l’altro hanno ricevuto formalmente il consenso dei loro rispettivi popoli.
A questo proposito occorre ricordare ancora una volta la tradizionale posizione della diplomazia vaticana. La Santa Sede non partecipa a certe organizzazioni internazionali, a partire dall’ONU, se non con propri osservatori, per sentirsi libera di dialogare e trattare con chiunque. Non solo non ha un vero esercito (a parte quegli strani “contractors” che sono le Guardie Svizzere) ma non infligge sanzioni a nessuno. Neppure è competenza della diplomazia vaticana imporre scomuniche, la cui decisione in proposito spetta ad altri organismi ecclesiali.
Del resto Gesù parlava con tutti e per questo era spesso accusato di trattare con i peccatori. Poi certe sentenze che riguardano la vita eterna erano riservate al Padre, che, comunque, doveva prendere atto della decisione di chi rifiuta la Sua misericordia. Così accade che il cardinale Zuppi, se è necessario, se può sembrare utile, come è avvenuto per lo scambio dei prigionieri, possa incontrare Kirill e, magari, lo stesso Putin, cosa impensabile se qualcuno, come ha fatto il cancelliere tedesco, semplicemente gli telefonasse. È vero: formalmente, oggi, trattare con Putin o con Netanyahu sarebbe un po’ come parlare con dei capi della mafia, ma se lo si facesse apertamente per arrivare a ciò che chiamiamo pace, sarebbe davvero motivo di vergogna?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.