Il nuovo governo inglese di Keir Starmer non si opporrà ai mandati di cattura della Corte penale internazionale (CPI). Un cambio di rotta rispetto a Sunak che segna anche un nuovo atteggiamento nei confronti di Israele. In realtà, spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università Sapienza di Roma, i politici una volta che hanno aderito all’istituzione della Corte non hanno modo di intralciarne il lavoro. Quindi anche i conservatori non avrebbero potuto fare granché. La presa di posizione di Starmer però è un segnale che il sostegno a Netanyahu non è più solido come prima. Lo testimoniano anche Canada, Nuova Zelanda e Australia, che chiedono a Tel Aviv di rispettare i pronunciamenti dei giudici internazionali sulla Cisgiordania e invitano Israele a cessare il fuoco.



Sunak aveva dichiarato di voler contestare il diritto della CPI a emettere mandati di cattura per il primo ministro israeliano Bibi Netanyahu e per il ministro della Difesa Yoav Gallant. Ora il governo Starmer rinuncia a questa iniziativa. C’è una effettiva possibilità per la politica di opporsi a provvedimenti della CPI?



Le dichiarazioni dei politici su questioni tecniche giuridiche sono sempre un po’ approssimative. Uno Stato che ha liberamente aderito allo Statuto della CPI – che è un trattato internazionale vincolante per le parti – non può “contestare” giuridicamente l’esercizio della competenza della Corte su un caso specifico. Lo Stato che non condivide le condotte della Corte può recedere dallo Statuto, ai sensi dell’art. 127. Ma il recesso non libera tale Stato dall’osservanza degli obblighi fino al momento del recesso, e cioè fino a un anno dopo la manifestazione della volontà di recedere.



Una volta aderito alla Corte, quindi, le sue decisioni vanno osservate?

Ovviamente, la “contestazione” come forma di espressione del pensiero può essere espressa in ogni tempo e da chiunque, ma, pur se un leader di uno Stato parte dello Statuto critica l’operato della Corte, lo Stato deve osservare gli obblighi dello Statuto. Se ciascuno Stato si riservasse il potere di non osservare le decisioni degli organi giudiziari della comunità internazionale che non siano in linea con i propri orientamenti politici, sarebbe perfettamente inutile stabilire una Corte.

Cosa significa questa decisione a livello politico? Sta venendo meno il sostegno a Israele anche di quella parte del mondo occidentale che finora lo ha difeso?

Vi è certamente una svolta nella politica estera del Regno Unito. È un bene che il Premier britannico ripristini la legalità internazionale, la quale esige il rispetto delle decisioni della Corte penale pur se non in linea con gli orientamenti politici di ciascuno Stato. È davvero sorprendente che uno Stato fondato sul principio dello stato di diritto internamente ritenga di poter violare le pronunce dei giudici internazionali. I giudici, in ogni ordinamento giuridico, sono indipendenti rispetto al potere politico.

Quali sono le procedure che segue la CPI per l’incriminazione? Cosa manca per l’emissione dei mandati di cattura e come proseguirà il caso giudiziario dopo che saranno esecutivi?

Le procedure per l’emissione di un mandato di arresto seguono a grandi linee quelle dei nostri moderni Stati democratici. Il Procuratore presso la Corte, in seguito ad attività investigative, può chiedere alla Camera preliminare l’emissione del mandato di arresto presentando le motivazioni della richiesta. I mandati di arresto sono, quindi, proposti dal Procuratore ma emessi dalla Camera preliminare. Una volta emesso un mandato di arresto, tutti gli Stati parte dello Statuto hanno l’obbligo di catturare il soggetto indicato nel mandato e, dopo gli accertamenti compiuti dai giudici nazionali, metterlo a disposizione della Corte.

Che conseguenze potranno avere Netanyahu e Gallant dal punto di vista operativo nel caso in cui i mandati di cattura fossero emessi? Ci saranno restrizioni dal punto di vista della loro possibilità di movimento e quindi anche della loro possibilità di agire come rappresentanti istituzionali di Israele?

Una volta emessi i mandati per Netanyahu e Gallant, nonché per le altre persone contro le quali il Procuratore ha emesso un mandato di arresto, siano essi esponenti dello Stato di Israele o di Hamas, ciascuno Stato parte dello Statuto ha l’obbligo, qualora il soggetto sia presente nel proprio territorio, di eseguire il mandato. Di conseguenza, i soggetti colpiti da mandato di arresto non potranno viaggiare negli Stati parte dello Statuto in quanto rischieranno di essere arrestati. Questa è, oggi, la situazione di Putin, il quale non mette piede negli Stati parte dello Statuto in quanto destinatario di un mandato di arresto a causa di crimini commessi nel territorio ucraino.

Se il procedimento penale dovesse arrivare a sentenza, che provvedimenti potrebbe prendere la CPI nei confronti di Netanyahu e Gallant? In quanto tempo potrebbe arrivare un verdetto e cosa rischiano? Che precedenti ci sono?

Ci sono molti precedenti, ma sarebbe la prima volta che un leader di un Paese “occidentale” venga processato di fronte alla Corte penale internazionale. I processi sono lunghi in quanto è difficile provare il coinvolgimento di un leader politico in azioni di combattimento condotte dalle forze militari. Ma la Corte ha dimostrato di poter entrare dentro i meccanismi di trasmissione degli ordini impartiti da esponenti politici ai propri militari. Le accuse contro Netanyahu e Gallant sono molto pesanti: crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Se debitamente provate, si può arrivare all’ergastolo. Peraltro, i processi di fronte alla CPI non possono svolgersi in contumacia.

I leader di Australia, Canada e Nuova Zelanda chiedono congiuntamente il cessate il fuoco a Gaza perché i civili non possono “essere costretti a pagare il prezzo della sconfitta di Hamas”. Vogliono anche che Israele risponda al parere della Corte internazionale di giustizia sulla presenza in Cisgiordania. La giustizia internazionale serve per fare pressione su Netanyahu?

Direi di sì. Il diritto internazionale non ha organi che possano eseguire una sentenza della Corte internazionale di giustizia, la quale è molto diversa dalla Corte penale internazionale. La prima giudica le condotte di Stati, l’altra giudica le condotte penalmente rilevanti da parte di individui. Inoltre, il parere della Corte internazionale di giustizia sulla occupazione dei Territori palestinesi occupati non ha effetti vincolanti, pur se dotato di altissima autorevolezza. A dispetto di quel che talvolta si sente, anche i pareri non vincolanti della Corte hanno una propria effettività. La pressione della comunità internazionale, e anche la pressione dell’opinione pubblica internazionale, in questo mondo sempre più interconnesso aiuta ad affermare il diritto internazionale contro gli Stati, come Israele, che ritengono di essere al di sopra della legge.

(Paolo Rossetti)

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