Tutto è stato travolto. Nulla si è salvato. La limacciosa fanghiglia trascina con sé informi detriti e ogni cosa assume una uniformità dolorosa e indistinta.

Alberi nudi, rami spezzati, tronchi e foglie fluiscono senza meta assecondando la giallastra densità della corrente. Anche la tecnica pittorica utilizzata dall’autore tende in un certo senso a riprodurre questo amalgama fangoso che ha modificato il volto stesso della terra: “couleur à la colle bleu”.



E tuttavia neppure questa volta la natura è riuscita a sopraffare l’uomo.

Dalla molle argillosità delle sabbie mobili, si fa largo la sua figura che, reagendo alla calamità, trova l’energia per contrastarla.

Battelli nell’inondazione: non è casuale questo titolo né tantomeno il fatto che Klee scelga, per esempio, di eliminare dal suo lavoro, l’orizzonte. Il punto di vista viene così a trovarsi dentro l’opera: nell’inondazione, appunto. L’oggetto della rappresentazione finisce  – diremmo quasi – per coincidere con il suo autore che sembra immerso lui pure, come naufrago nel proprio quadro.



Ed è forse per questo che allora uomini e cose sono stati rappresentati con il medesimo colore, con la medesima elementare uniformità di tratto.

L’indomabile forza della natura non guarda in faccia nessuno; anche noi, fissando la tela, rimaniamo in qualche modo vinti dai gorghi della corrente, dagli avvolgenti mulinelli che nel loro roteare vorticoso, creano ai detriti lo spazio per insinuarsi, spingersi, incontrarsi, per poi perdersi di nuovo come nell’assurdo carosello di una danza primitiva.

Vogano, sui battelli, gli uomini: nell’affannoso tentativo di arginare il travolgente e incalzante ritmo della natura, accettano dunque la sfida che, dietro un’ostilità solo apparente, cela l’occulto fascino di una realtà amica.