“È il materiale più reale che conosco”: con queste parole Bill Viola (1951-2024), maestro statunitense della videoarte, venuto a mancare lo scorso 12 luglio, descriveva il tempo, elemento centrale della sua produzione e perciò chiave di accesso privilegiata alla sua opera. Il protagonismo del tempo all’interno della ricerca di Viola è il riflesso della rilevanza che, ai suoi occhi, questo elemento assume nella realtà: essa ne è interamente pervasa, ne è contaminata a livello strutturale, tanto che l’artista afferma di “guardare ogni cosa come una manifestazione del tempo”.



Così, Bill Viola affronta questo argomento non come problema teorico ma a partire dall’esperienza che si fa di esso. Le sue opere, di conseguenza, sono vere e proprie “esperienze di tempo”: restituiscono il tempo della realtà attraverso la sua manipolazione ed esasperazione, in modo che ciò che nell’esperienza viene soltanto intuito, nelle opere video si fa lampante. Tra le mani di Bill Viola, il tempo si trasforma in qualcosa di così concreto da diventare materico: è “la materia prima dell’arte dell’immagine in movimento” e fa sì che praticare la videoarte significhi, per l’artista, “scolpire il tempo”.



L’opera The greeting (Il saluto), realizzata da Bill Viola nel 1995 per il padiglione statunitense della XLVI Biennale di Venezia, è un’eccellente dimostrazione di che cosa significhi scolpire il tempo. Sullo schermo di imponenti dimensioni (2,40 x 3 m) un evento che durerebbe quarantacinque secondi viene trasformato in un video di dieci lunghi minuti grazie all’applicazione dello slow motion (Viola ha utilizzato una telecamera speciale, in grado di riprendere trecento frames al secondo anziché trenta). Lo spettatore si trova così al cospetto di un’opera di meravigliosa imponenza, le cui immagini animate si susseguono con la solennità dello slow motion e l’intensità dell’elevata qualità: viene quasi sopraffatto dal trionfo armonico di animazione, densità cromatica e presenza scenica coniugate magistralmente in quest’opera-capolavoro.



Attraverso l’uso esasperato dello slow motion Viola esalta l’esperienza del tempo: la dilatazione del suo scorrimento ne intensifica la percezione e ne celebra la qualità concreta. Il tempo, già materico, vede incrementata la propria densità e si trasforma in un materiale viscoso: stenta a procedere, tende a rimanere. Il video di The greeting avanza così lentamente che pare di cogliere la successione dei singoli frames; eppure, la progressione non si ferma mai e viene anzi celebrata dall’evento raccontato: un incontro, improvviso ed irruento.

L’opera mostra infatti due donne in attesa, sorprese da una terza che irrompe sulla scena: è incinta, e il suo abito arancione sgargiante si agita per l’incedere deciso e per il vento che si solleva in concomitanza con l’apparizione della donna; costei raggiunge le altre due in attesa e scambia con loro un saluto affettuoso. L’ingresso della donna sulla scena, il suo passo aggraziato e deciso, così come il passaggio delle amiche dalla trepidazione dell’attesa alla gioia dell’arrivo appartengono a un tempo opposto rispetto a quello messo in scena da Viola per mezzo dello slow motion: sono eventi rapidi, reazioni immediate, la cui irriducibile animosità non fa che esaltare la densità del tempo rallentato. Bill Viola dimostra tutta la sua maestria nel combinare l’irruenza dell’evento e la tendenza alla stasi: l’intensità dell’opera proviene dall’intreccio di queste tensioni opposte, al modo con cui una corda viene messa in tensione tirandone le estremità in direzioni inverse.

Nel mettere in scena questo episodio, Bill Viola riprende la Visitazione di Pontormo (1528-29), che raffigura l’abbraccio tra Maria e l’anziana Elisabetta. Il dipinto del maestro toscano folgora il videoartista per molte ragioni, tra cui il ravvisarvi, all’origine, l’interesse per la rappresentazione del tempo che è propria di Viola. Così, la distanza cronologica che separa i due autori viene abbattuta dalla comunanza d’intenti. La differente disponibilità tecnica li obbliga però a scelte diverse: Pontormo, vincolato all’immagine unica del dipinto, è costretto a scegliere “il momento di maggior tensione: la frazione di secondo prima che [le due donne] si sfiorino”, e a condensare in quest’ultimo l’intero sviluppo. Il pittore fa convergere l’intera sequenza in un unico momento apicale, così da portare a termine un’operazione che non è solo di selezione ma soprattutto di sintesi: l’istante rappresentato viene caricato dell’intensità dell’intero sviluppo, lo contiene celato al proprio interno. Se si potesse misurare la “densità temporale” di questa scena, essa avrebbe sicuramente valori altissimi.

The greeting riparte proprio dalla condensazione del tempo effettuata da Pontormo: sarebbe improprio descrivere l’operazione di Viola come aggiunta delle scene mancanti nella Visitazione; non si tratta infatti dell’aggiunta del “pre” e del “post” incontro tra Maria ed Elisabetta, per dotare l’istante dipinto del “prequel” e del “sequel”. Piuttosto, Bill Viola “rivitalizza il momento immobile” attraverso il suo scioglimento; lo restituisce al divenire che giaceva condensato in esso. Il videoartista considera la Visitazione una scena “raggomitolata su sé stessa, [che] è in attesa di ‘svolgersi’ come un antico cartiglio”: il video rappresenta la possibilità di effettuare questo svolgimento, e lo slow motion di esaltarlo prolungandone la durata.

Per questo, l’operazione di Bill Viola non riguarda tanto l’aggiunta quanto il disvelamento, la restituzione completa di qualcosa che era stato costretto in una dimensione non propria. Viola si cala all’interno dell’istante di Pontormo e lo distende da dentro. Lo slow motion amplifica questa distensione, in modo che in The greeting “i gesti dell’abbraccio, le pieghe degli abiti, l’oscurità del passaggio architettonico, tutto questo diviene tempo”. L’espressione usata da Viola è suggestiva ed efficace: il video fa “divenire tempo” ogni elemento dell’immagine, attraverso l’attivazione del suo scorrimento e l’esaltazione della sua progressione. Si avverte l’eco della dichiarazione in cui Viola, ripensando alla lunga carriera, spiegava: “ho imparato a guardare ogni cosa come una manifestazione del tempo”.

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