Non è soltanto un capolavoro del ‘400 italiano, è una pagina aperta sulla storia. L’Adorazione dei Magi di Botticelli che il Museo Diocesano di Milano espone in occasione dell’Avvento, in prestito dagli Uffizi, è un quadro che, al di là della meraviglia formale, ci immerge nella Firenze di quei magici anni sotto l’egida di Lorenzo il Magnifico. Il soggetto, come in numerosi casi nella pittura di quel periodo, diventa spunto o pretesto per la rappresentazione di una gloria famigliare, quella dei Medici, in quei decenni “cripto signori” di Firenze. È un racconto che occupa tutto il proscenio del dipinto, mentre il cuore della scena, cioè il gruppo della Madonna con il Bambino verso cui il corteo si dirige è arretrato ma enfatizzato grazie ad uno strategico innalzamento.
Botticelli, con un’ammirabile coerenza concettuale, assegna ruoli diversi agli esponenti morti della dinastia rispetto ai vivi. Solo ai defunti si potevano attribuire le sembianze dei tre Magi che vengono ad adorare Gesù. Ed ecco così che in posizione privilegiata, a tu per tu con il Bambino, troviamo Cosimo il Vecchio, il “pater patriae” come si legge sulla lastra tombale scolpita dal Verrocchio nel cuore di San Lorenzo, la basilica di famiglia. Cosimo, banchiere, era stato il geniale inventore di un modello di potere che non vide mai i Medici esporsi in funzioni pubbliche: gestiva lo Stato in modo silenzioso attraverso suoi uomini di fiducia. Dietro le quinte rappresentava il potere reale, muovendo le leve del Banco de’ Medici: con i prestiti teneva sotto scacco mezza Europa.
“Fu tenuto uomo prudentissimo; fu ricchissimo più che alcuno privato, di chi s’avessi notizia in quella età; fu liberalissimo, massime nello edificare non da cittadino, ma da re”, ha scritto di lui il Guicciardini. Alla sua morte avrebbe voluto passare il potere al figlio prediletto, Giovanni: ma questi morì giovane nel 1463, procurandogli un grande dolore e segnando con una depressione gli ultimi scampoli della sua vita. Naturalmente Giovanni c’è nel quadro di Botticelli ed è il terzo dei re, dall’aspetto giovanile, con lo sguardo rivolto verso il fratello maggiore, Piero. Era stato lui a prendere il potere alla morte di Cosimo, governando la politica della famiglia e signore de facto di Firenze per cinque anni tra 1464 e 1469. Alla storia è passato con il soprannome di “gottoso” per via della patologia, pare di origine genetica, che affliggeva tutta la famiglia, ma lui in modo particolarmente acuto.
Se questo è lo spazio di chi è morto, tutt’attorno a far da coro al corteo c’è lo spazio dei vivi. Ci sono innanzitutto i due figli di Piero: Giuliano, a sinistra, con tanto di spadone, che non lo terrà al riparo dalla congiura ordita dalla famiglia de’ Pazzi, di cui sarà vittima poco tempo dopo; a destra c’è un Lorenzo pensoso con lo sguardo rivolto in basso. E gli altri? Per i contemporanei devono esser volti ben riconoscibili. A noi resta la più che verosimile ipotesi che il giovane che ci rivolge uno sguardo spavaldo all’estrema destra del quadro sia lo stesso Botticelli.
Ed è molto probabile che dietro di lui, l’altro personaggio che ci guarda sia il committente della tavola, Gasparo di Zanobi del Lama, banchiere e cortigiano dei Medici, titolare di un prestigioso altare nella controfacciata della Basilica di Santa Maria Novella. Il suo nome, Gasparo, spiega forse la scelta del soggetto, ma ancor di più contava un intento adulatorio nei confronti della famiglia egemone.
È affascinante lo stile avvolgente di Botticelli, capace di convocare non solo i suoi contemporanei ma anche noi nella scena sacra. Come aveva scritto Carlo Bo, la sua pittura “è un invito perentorio ad entrare nel romanzo appena accennato dai suoi protagonisti” proponendo dispositivi che “un cuore moderno riesce ad animare e a far vivere”. Parole che rendono doppiamente ragione della scelta fatta dal Museo Diocesano e dalla sua direttrice Nadia Righi, con la proposta di questo capolavoro alla città per l’Avvento e il Natale 2024. La mostra, che è curata anche da Daniela Parenti, direttrice del dipartimento del Medioevo e primo Rinascimento degli Uffizi, resterà aperta fino al 2 febbraio 2025.
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