In un mondo in cui prevale il gusto minimalista, l’esuberanza di Domenico Dolce e Stefano Gabbana potrebbe sembrare eccessiva, nel suo fulgore un po’ barocco. Ma è innegabile che proprio la coppia di geniali creatori di moda sappia rivelare al meglio l’eccellenza artigianale italiana, valorizzando la sua storia e la sua capacità innovativa.
In effetti la mostra “Dal cuore alle mani”, aperta fino al 31 luglio a Palazzo Reale di Milano, pare al visitatore una meraviglia assoluta. Emoziona per colori, musiche, ambienti curati in ogni dettaglio e invenzioni di eccezionale bellezza e originalità. Un sentimento di stupore commosso pervade chi percorre sala dopo sala il frutto del genio di Dolce&Gabbana, che mostrano con riconoscenza e amore da dove nascono le loro idee: dall’Italia, dalla nostra cultura, dalla nostra arte, dal nostro artigianato, dall’esplosione immaginifica delle nostre abilità espressive in una storia millenaria. I due stilisti hanno sicuramente tratto la loro capacità di percepire il bello dal mondo in cui vivevano e hanno imparato a generarlo a loro volta. Ammirando gli abiti da loro ideati si respira la grandezza dell’inestimabile tesoro del nostro patrimonio di conoscenza, ingegno e creatività, custodito per secoli dall’artigianato italiano. L’alta moda, L’alta sartoria, l’alta gioielleria di oggi richiamano il gusto e la passione delle botteghe rinascimentali, dove il mestiere confinava con l’arte.
Naturalmente protagonista della mostra è la terra d’origine di Dolce, la Sicilia, rivisitata in una splendida sala intitolata Il Gattopardo, dove scorrono le immagini del celebre film di Visconti accompagnate dai valzer in abiti spumeggianti. Ritorna nella sezione in cui tra le coloratissime maioliche del pavimento e delle pareti troneggia il tipico carretto siciliano, riprodotto anche sui luminosi vestiti: un omaggio alle tradizioni siciliane, che tuttora maestri artigiani tramandano con i segreti del mestiere. Ma è altrettanto importante Milano, la città natale di Gabbana, celebrata a fine percorso con un finissimo abito dorato che rende omaggio alla Madonnina del Duomo, protettrice della metropoli meneghina, che ha visto il successo dei due stilisti. Qui hanno ricercato una perfezione al di là della mediocrità quotidiana, una tensione quasi alla trasfigurazione. La loro devozione e fascinazione, aperta a una sorta di fervore mistico, risplende nella sezione dedicata a un gigantesco Sacro Cuore dorato (è il loro simbolo prediletto), posto sopra un altare, segno di una radicata reminiscenza religiosa, specchio della nostalgia di un sacro che si mescola col profano, ma sempre rimanda alla passione vera, capace di creare meraviglie.
Dal cuore e dall’anima l’itinerario giunge alla perizia delle mani, alla sapienza artigianale di cui entrambi si riconoscono eredi, grazie a generazioni di maestri che hanno contribuito a configurare l’Italia come “patria delle arti”. Lo spirito della moda per loro è infatti strettamente legato all’abilità tecnica e all’amore per l’architettura, la pittura e la scultura.
L’audacia creativa di Dolce&Gabbana si è spinta fino ad usare linguaggi antichi, come quello greco, in una cornice che evoca il tempio di Agrigento, ricostruito per ospitare abiti da sogno dalla linearità geometrica armoniosa, che hanno vestito modelle trasformate in regine dell’antichità o in divinità mitologiche. Oppure i due stilisti si sono ispirati alla figura dell’imperatrice Teodora, immersa nello splendore di oro e di tessere colorate dei mosaici bizantini della basilica di San Vitale a Ravenna, e hanno pure riproposto per le loro creazioni le splendide decorazioni del Duomo di Monreale e della Basilica di San Marco a Venezia.
Arricchisce la mostra anche la ricostruzione di un atelier sartoriale in cui si può immaginare il sapiente lavoro delle mani dei tecnici-artisti che con impegno si dedicano alla nascita della bellezza, confezionando abiti ricamati con vetri e cristalli scintillanti, broccati preziosi, merletti tenui come nuvole, velluti intensi come fuoco, intagli e intarsi che lasciano a bocca aperta. Insomma, siamo di fronte all’incanto del “fatto a mano”, in un viaggio che ripercorre l’arte e l’artigianalità delle nostra regioni.
La sala che più stupisce è quella in cui i due creatori si propongono di “vestire l’architettura e la pittura”: qui l’ornamentazione ricchissima non teme di attingere ai riferimenti artistici e culturali prediletti, quelli rinascimentali e barocchi. Esplode così l’ammirazione per Botticelli, Leonardo, Raffaello, Tiziano, Piero della Francesca, Caravaggio, Moroni. Una passerella di capolavori riprodotti su abiti che sono vere e proprie opere d’arte, mentre sulle pareti una videoinstallazione col ciclo degli affreschi di Annibale Carracci della galleria di Palazzo Farnese avvolge in un’atmosfera incantata. Persino gli stupefacenti stucchi di Giacomo Serpotta, che adornano le chiese barocche di Palermo, con il loro bianco abbacinante, risuonano nell’immaginazione di Dolce&Gabbana, che in un’altra sala hanno ideato sculture tessili imponenti e insieme delicatissime e lucenti.
Ma non poteva mancare il fascino dell’Opera: la condizione umana spesso banale può essere trasfigurata nel mondo incantato del palcoscenico. Gli abiti creati per Tosca, Aida o Norma sono un’ode alla figura femminile, che viene esaltata nella lirica. L’ammirazione che suscita questa mostra esuberante, frutto del lavoro sapiente di valenti artigiani (da consegnare ai giovani per il futuro), sicuramente ci rende più consapevoli della grandezza del nostro Paese. E ravviva il desiderio di bellezza a cui il mondo non può che aspirare e che anche l’alta moda sa regalare.
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