Ha appena chiuso a Bucarest Effetto Picasso, la mostra che, insieme a 46 opere del genio spagnolo, ne ha esposte altre cinquanta firmate da artisti romeni che proprio a lui si sono ispirati. Ad ospitare l’evento è stato il Museo d’Arte moderna (più noto a Bucarest come MARe) che nell’autunno scorso ha compiuto i suoi primi cinque anni di vita. Effetto Picasso si è collocata nell’ambito di un più ampio progetto lanciato da Spagna e Francia, attraverso un partenariato governativo per celebrare i cinquant’anni dalla morte dell’artista (1973-2023).  Coinvolti nella medesima iniziativa sono stati altri quarantadue musei dislocati nel mondo; tra gli Stati dell’Europa centrale e orientale, unica la Romania ad essere stata selezionata.



L’allestimento della mostra, davvero pregevole, si è articolato sui tre piani del MARe, guidando il visitatore lungo due percorsi paralleli segnalati a terra da semplici barrette adesive blu e rosa, i colori più significativi della produzione giovanile picassiana. Non è stato tuttavia questo l’unico supporto fornito al visitatore: ricche didascalie tematiche circa il valore storico e culturale dell’evento hanno campeggiato sulle pareti, con l’intento di favorire al meglio lo sviluppo dell’itinerario. La mostra infatti – ed è stata proprio questa la sua peculiarità – ha consentito di evidenziare non solo l’evoluzione dell’opera di Picasso, ma l’influenza che l’artista ha avuto sull’arte contemporanea romena.



Anche all’Est – rileva Erwin Kessler, attuale direttore del MARe – molti artisti guardarono a Picasso come ad “un esempio di libertà e modernità innovativa” e già nel 1968 gli venne dedicata una mostra imponente con esito positivo, oltre che sul pubblico, anche sui futuri protagonisti della scena artistica locale. E tuttavia il rapporto tra Picasso e il comunismo fu da sempre un rapporto controverso: il personaggio venne infatti recepito dal potere in maniera perlopiù equivoca. Un esempio per tutti, quello della famosa Colomba (1948): l’opera di Picasso, simbolo universale della pace, venne ben presto “usata” dall’ex Unione Sovietica allo scopo di contrastare la guerra. Picasso insomma risultò utile all’URSS per ragioni di natura puramente ideologica; dal punto di vista stilistico, invece, creò grosse difficoltà non solo al regime di Mosca, ma a tutti quei regimi totalitari che devastarono il “secolo breve”. Non è un caso che nel 1948 l’organo di stampa del Partito Comunista Romeno, Scânteia, pubblicò un ritratto di donna firmato proprio dallo spagnolo al fine di documentare come l’arte decadente della società borghese avesse trasformato la persona in un mostro. Poco dopo, tuttavia, (nel decennio 50-60) furono numerosi gli artisti contemporanei romeni che rifuggirono il realismo socialista retrogrado e iniziarono finalmente ad esplorare la produzione di Picasso.



“Picasso il più geniale, il controverso, il prolifico, l’ossessivo, l’egoista, l’imprevedibile, l’arrogante, il divoratore di tempo, il satirico, l’impetuoso, il barocco, il cubista, il classico, il surrealista, l’innocente, l’egocentrico, lo specchio della società, lo scaltro, l’amante e l’amato, il marito, lo zio, il nonno, l’assassino dell’arte”. Ecco come Mircea Cantor, artista romeno contemporaneo, “dipinge” Picasso nella sua poliedrica e contraddittoria personalità! E con lui Marian Zidare, che sostiene di aver imparato molto più da Picasso che da altri artisti privi del suo coraggio. Il coraggio, cioè, di semplificare le forme fino a penetrarne l’essenza originaria. Ognuno di questi artisti ha saputo insomma guardare a Picasso come ad un maestro, ne ha colto la genialità, l’innovazione artistica, ne ha intercettato il singolare talento, senza mai però “scivolare” nella pedissequa ripetizione o nella citazione irritante. Narrando il suo personale itinerario, Neculae Pâduraru confessa, per esempio, di aver sì ricevuto da Picasso il coraggio di coltivare l’immaginazione, ma aggiunge anche di avere, non appena gli è stato possibile, abbandonato lo stile dello spagnolo: “Volevo una strada mia perché desideravo e desidero conoscere il potenziale artistico di cui dispongo”.

È stata dunque la forza espressiva di Picasso, quella che l’arte contemporanea romena ha raccolto e rilanciato; una forza espressiva, ha affermato Darie Dup, che implica in qualche misura il gioco e la freschezza infantile (copilâreasca) là dove metafora e trasfigurazione si intrecciano in uno scambio reciproco e permanente. “È un’area ludica quella di Picasso dove convivono aspetti ironici, teneri, ma al tempo stesso aggressivi: Picasso riesce a creare da una cesta di vimini una capra, e da un’automobilina giocattolo il muso di un babbuino”. Per concludere, si può quindi sostenere, insieme a Daca Maxy che, dopo un secolo di utopie politiche vissute da tanti artisti in prima persona, si è tornati tutti insieme a considerare Picasso il primo motore del progresso artistico. Un progresso che ha saputo finalmente ridestare negli artisti romeni, prima ancora di uno stile, la passione e il coraggio di chi vuole, a tutti i costi, rischiare.

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