Alla bella mostra in corso al Museo Diocesano di Milano, La Passione. Arte italiana del 900 dai Musei Vaticani, sono esposti due disegni di Renato Guttuso che hanno una storia che merita di essere raccontata. Rappresentano la Crocifissione e sono studi preparatori di un grande quadro, uno dei suoi più importanti, realizzato nel 1942 ed ora esposto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. I due disegni, come tutte le opere della mostra, vengono dalla Collezione Religiosa d’arte Moderna dei Musei Vaticani: ed è proprio questo il dato emblematico.



Ripercorriamo in breve la storia. Guttuso è stato uomo convintamente di sinistra. Nel 1940 si era anche iscritto al Partito Comunista clandestino. Ma dal 1935, forse sospinto dai venti inquieti della storia, aveva iniziato a lavorare sul soggetto della Crocifissione e sulla Passione. Aveva dipinto un Cristo deriso, molto drammatico e intenso, oggi nelle Raccolte della Camera dei deputati.



Poi aveva iniziato a pensare ad una Crocifissione, che all’inizio immaginava ambientata in uno spazio chiuso come si trattasse di una stanza di tortura. È stato un percorso laborioso, che alla fine si era sbloccato quando un grande collezionista, Alberto Della Ragione, nel 1941 gli aveva commissionato il quadro, di grandi dimensioni, che desiderava mettere sulla testata del letto. L’anno successivo Guttuso, prima di mandare il quadro al collezionista, lo presentò al Premio Bergamo, allora uno dei più importanti in Italia. Lui aveva 30 anni e per un artista della sua età quello era un palcoscenico importante.



La Crocifissione però sollevò subito immense polemiche. Era stata proprio la stampa cattolica a innescare la miccia; poi erano arrivati anche gli attacchi violenti dell’ala più oltranzista del regime fascista, quella di Farinacci. La Crocifissione di Guttuso era stata bollata come una “sacrilega parodia”. Il vescovo di Bergamo aveva addirittura emanato una circolare per impedire l’accesso alla mostra a tutti i preti della diocesi, pena la sospensione a divinis. Cosa aveva di tanto scandaloso quel quadro, così pensato e così anche sofferto?

A scandalizzare era il nudo (di spalle) della Maddalena, che ai piedi della croce, con la sua veste bianca asciugava il sangue dal corpo di Gesù. Guttuso aveva anche dato una spiegazione di quella sua scelta: non voleva fare una Crocifissione spostata in tempi diversi dai suoi, né voleva banalmente modernizzarla. Così aveva optato per l’idea che i corpi denudati sulle croci fossero compianti da altri corpi denudati per lo strazio. Guttuso non aveva reagito a quelle polemiche, ma tempo dopo ammise di esserne rimasto sconcertato, perché quel quadro era stato originato da un vero sentimento religioso da lui provato davanti alla catastrofe che stava travolgendo l’Europa.

Date queste premesse, si capisce come la presenza di quei due disegni preparatori nelle Collezioni Vaticane attesti un cambiamento profondo, avvenuto nel frattempo, nel rapporto tra la Chiesa e l’arte contemporanea. Questa svolta ha una data precisa: 7 maggio 1964. Papa Paolo VI, da poco eletto, aveva invitato gli artisti a un momento dedicato a loro in Cappella Sistina. “Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci!”, disse in quel discorso coraggioso e anche commosso. “E poi vi abbiamo abbandonato anche noi. Non vi abbiamo spiegato le nostre cose, non vi abbiamo introdotti nella cella segreta, dove i misteri di Dio fanno balzare il cuore dell’uomo di gioia, di speranza, di letizia, di ebbrezza”.

Paolo VI non si era fermato solo alle parole. Aveva chiesto di aprire i Musei Vaticani all’arte moderna e contemporanea. Nasceva così la Collezione di Arte religiosa moderna. Nelle foto dell’inaugurazione del 1973, a fianco di Paolo VI si scorge proprio un Renato Guttuso, sorridente e con un’espressione di manifesta gratitudine. In quell’occasione l’artista aveva donato al nuovo museo tre opere, tra le quali la mano di un Cristo Crocefisso, pure arrivata in mostra al Diocesano di Milano.

Nel 1987, quando l’artista morì, il segretario di Paolo VI, don Pasquale Macchi, aveva voluto regalare ai Vaticani proprio gli studi preparatori di quella Crocifissione contestata. Il cerchio si era chiuso, a testimonianza di come artisti e Chiesa si fosse aperta una nuova possibile storia. Per questo, vistando la mostra, quando ci si trova davanti a quei due disegni è bello e giusto essere consapevoli cosa testimoni la loro presenza.

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