Prima ancora delle forme e dei colori, ad introdurci in questo dipinto è la musica che ci avvolge come per incanto trascinandoci dentro la magica poesia della danza. Anche la leggiadra pacatezza dei cromatismi è come se ne assecondasse tacitamente il ritmo così che tutti i particolari dell’opera sembrano ruotare intorno all’andamento sostenuto di questo valzer: le sue note disegnano una sorta di immaginaria spirale che fa perno sulla coppia luminosa e quasi irraggiungibile dei due ballerini  la cui grazia armoniosa domina l’intera scena.



Tutto nel quadro accade… un istante prima ed è proprio questo scarto che consente all’opera  di acquistare respiro e movimento nonostante le due figure ne occupino quasi per intero la superficie. Lo spettatore, catturato da questa sorpresa, scopre così che il piede della dama si solleva appena in uno studiato passo di danza, che il frac del cavaliere pare reagire d’impeto all’irresistibile incalzare della musica, che l’evanescenza vaporosa e frusciante dell’abito di lei ingombra con la sua cangiante spumosità lo spazio del salone fino a prolungarsi in solide trasparenze oltre il perimetro stesso della tela.



Si intuisce tra i due danzatori una sorta di segreto dialogo, tanto che ogni pennellata risulta come intessuta della trama misteriosa di parole impercettibilmente sussurrate, come una musica dentro la musica, che si riverbera – potremmo dire – naturalmente nella femminile tenerezza dell’abbraccio, nella reciproca levità della presa, nel discreto abbandono della testa di lei offerta alla compatta sobrietà del cavaliere che tutta la sovrasta in un atteggiamento trattenuto eppur vibrante.

Anche la variegata molteplicità di verdi, gialli, rosa, lilla, azzurri che riscaldano, contrastandola, la preziosa imponenza della fredda parete marmorea sullo sfondo, pare ospitare – nella forma di un nuovo, più ampio e prolungato abbraccio – la coppia abbracciata dei danzatori.



La natura stessa partecipa così alla bellezza di questa realtà sospesa come per incanto a quella nostalgica malinconia per ciò che ogni festa promette e fa struggentemente presentire.