Chi l’avrebbe mai detto? Incontrando oggi Marcello D’Agata non si può immaginare che in passato sia stato un esponente di punta della mafia catanese. Hai davanti un piccolo uomo mite, perfino schivo, dal portamento modesto. Ma gli occhi sono luminosi, a tratti persino radiosi, come quelli di una persona che ha incontrato qualcosa che ha cambiato il corso della sua esistenza. La pittura è stata la strada percorsa per costruire il suo riscatto personale, una strada su cui si è incamminato più di dieci anni fa nel carcere di Opera, alle porte di Milano, dove sta scontando l’ergastolo. Oggi, a 75 anni, trascorre le giornate dipingendo nel piccolo laboratorio al piano terra della sezione Alta Sicurezza concesso dalla direzione. In questi giorni (fino al 20 ottobre, info 0362513468-428-536, info@istitutoartelombarda.it) le sue opere sono esposte a Palazzo Jacini di Cesano Maderno in una “personale” per la quale ha scelto un titolo emblematico: L’uomo non è il suo errore. Ritratti intensi e penetranti, paesaggi bucolici, scorci urbani, rappresentazioni architettoniche e paesaggistiche che testimoniano come l’arte possa essere un mezzo espressivo capace di trasformare le esperienze più dure in messaggi di bellezza e di speranza.



C’è una tappa decisiva nel percorso di D’Agata. Nel 2016, in occasione del Giubileo della Misericordia, Papa Francesco aveva concesso alle persone detenute la facoltà di attraversare la Porta Santa allestita nelle cappelle dei penitenziari e di ottenere l’indulgenza plenaria. Fu un punto di svolta, quella che lui stesso definisce “un’autentica esperienza di rigenerazione. Ho sperimentato la potenza del perdono, mi sono sentito una persona nuova e ho capito che l’uomo non è il suo errore. Anche se compiamo il male, siamo fatti per il bene”.



Come gesto di ringraziamento, D’Agata (che in carcere è stato introdotto alle tecniche pittoriche dalla professoressa Chiara Mantovani) aveva fatto pervenire in dono al Papa una crocifissione e un quadro con Bergoglio che aspetta la traversata della Porta Santa da parte di alcuni detenuti. Nella lettera consegnata dalle sue due figlie al Santo Padre, scriveva: “Santità, il passaggio della Porta Santa, vissuto nella più totale solitudine, è stato un momento emozionantissimo, difficile da descrivere. Mi ha ridato quella vita e quella gioia persa quando, convinto dal dire di un falso maestro, ho lasciato che il male si impadronisse di me”.



Nel 2018 due suoi quadri, una Natività e una Annunciazione, erano stati scelti dall’Ufficio filatelico del Governatorato della Città del Vaticano per illustrare alcuni francobolli pontifici: da anni D’Agata è uno dei detenuti che lavora nel Gruppo Filatelico fondato e guidato a Opera da Danilo Bogoni. Nell’ottobre del 2023 ha consegnato personalmente al Papa un quadro che raffigura la Madonna che scioglie i nodi, ispirato al dipinto realizzato nel Settecento dal tedesco Johann Georg Melchior Schmidtner: un altro segno del suo percorso di ripartenza umana.

Da tempo il cammino artistico intrapreso è diventato una cosa sola con una rinascita personale che ha lasciato il passato alle spalle pur continuando a farne memoria. Tra le sue opere, i ritratti dei giudici Paolo Borsellino e Rosario Livatino, quest’ultimo realizzato in occasione dell’allestimento di una mostra a lui dedicata proprio a Opera. Nel catalogo della mostra Ferdinando Zanzottera, che l’ha curata insieme a Chiara Mantovani e Patrizia Rossetti, scrive: “In ogni pennellata è contemporaneamente presente un frammento del suo vecchio io, quello che lui definisce il ‘Marcello morto’ che aveva abbracciato il male assoluto, e del suo nuovo io, il Marcello che sperimenta quotidianamente il cambiamento. Quello che impressiona nei suoi quadri è proprio questo: il ringraziamento per quanto gli sta accadendo e il riverbero del suo stesso cambiamento, inizialmente inaspettato e poi pienamente sperimentato”.

Negli ultimi anni D’Agata ha stretto amicizia in carcere con alcuni volontari dell’associazione Incontro e Presenza, nata dal carisma di don Luigi Giussani, al quale ha dedicato un ritratto. Nel 2023 ha dipinto Varigotti, luogo storico per Gioventù Studentesca in cui negli anni Cinquanta e Sessanta i ragazzi di Giussani celebravano il triduo pasquale, e dove il sacerdote lombardo aveva trascorso lunghi periodi di convalescenza. Dopo essere venuto a conoscenza della “predilezione” per questo luogo – scrive Zanzottera – “gli pare naturale voler partecipare in prima persona a quella storia. Da quei momenti sono passati tanti anni e lui a Varigotti non è mai stato, ma attraverso l’incontro con persone che considera amiche, quella frazione del comune di Finale Ligure della provincia di Savona diventa anche ‘sua’. Ne dipinge allora la spiaggia per ringraziare non chi vi è andato o chi ha parlato con lui di quel luogo, ma direttamente Dio per un’ulteriore occasione di conversione e cambiamento”.

Stando davanti alle sue opere e ripensando al passato e al presente di quest’uomo, non si può fare a meno di considerare quanto siano misteriose e imprevedibili le strade della vita. E quanto è vera la frase che dà il titolo alla mostra: “L’uomo non è il suo errore”.

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