Sembrava un luogo ormai perso, una splendida chiesa, ma chiusa, non più utilizzabile a causa dei pesanti danni inferti dai diversi terremoti e sciami sismici succedutisi nell’Italia centrale dal 1984 al 2016. E i parrocchiani, ormai da alcuni decenni, partecipavano alle liturgie celebrate in un prefabbricato.
Stiamo parlando della chiesa della Madonna del Prato a Gubbio, uno scrigno del barocco italiano dovuto al genio di Francesco Castelli, conosciuto come il Borromini, che nel 1662 concesse la possibilità di realizzare una replica del progetto della meravigliosa chiesa di San Carlino alle Quattro Fontane a Roma, riconosciuta come una delle più belle realizzazioni dell’architettura barocca in Italia.
Il colpo di grazia all’edificio di culto della cittadina umbra era stato inferto dal terremoto del 2016, lo stesso che ha colpito anche il territorio di Amatrice, Arquata del Tronto e parte della Valnerina. Le situazioni d’instabilità e pericolo già conosciute dal 1984 in poi, si erano aggravate, con l’avvallamento del pavimento in cotto al centro della chiesa, il distacco di molti stucchi, il danneggiamento delle statue, la caduta di vari elementi architettonici e la rimozione di tanti altri per motivi di sicurezza.
Ma a dicembre 2020, dopo 36 anni di forzato inutilizzo, la chiesa della Madonna del Prato è tornata al suo splendore iniziale, come racconta l’architetto Francesco Raschi, responsabile dei lavori di restauro, che aggiunge :”Siam partiti dalla ristrutturazione della pavimentazione, per proseguire con tutto ciò che riguarda le parti in stucco, i modanati, le colonne, le trabeazioni, fino ad arrivare al consolidamento e al restauro degli affreschi. Senza l’intervento dei fondi dell’8xmille della Chiesa cattolica questo intervento non sarebbe mai stato nemmeno pensato e, perciò, non avrebbe potuto essere realizzato”.
Al centro della chiesa, sull’altar maggiore, è tornata a risplendere la Vergine con il Bambino, l’immagine dipinta su pietra, venerata da secoli dagli abitanti di Gubbio, per il verificarsi di tanti episodi straordinari e prodigiosi. E all’origine della chiesa della Madonna del Prato, nel 1662, c’era proprio stata la volontà del vescovo Sperelli di dare una dimora idonea a quell’immagine sacra.
A un altro evento storicamente importante per la cittadina umbra è dedicata la bella pala d’altare che ritrae l’incontro del 1155 tra Federico Barbarossa, che nel dipinto compare spalleggiato da un poderoso esercito deciso a distruggere Gubbio, come già poco prima avvenuto per Spoleto, e il mite, anziano vescovo Ubaldo, che riuscì a salvare miracolosamente la città, concedendo la propria benedizione all’imperatore.
“La chiesa della Madonna del Prato – spiega Elisa Polidori, direttrice dell’ufficio beni culturali della diocesi di Gubbio e del museo diocesano – è uno scrigno che racchiude un tesoro inestimabile raccontato con precisione meticolosa dal punto di vista teologico; chi ci ha preceduto non voleva esprimere emozioni, ma rappresentare al vivo il mistero di Dio, così come la rivelazione ce lo ha consegnato e la tradizione lo ha via via interpretato. Carlo Perugini, Francesco Allegrini e Louis Dorigny, architetti e pittori, hanno dato centralità all’immagine miracolosa della Madre di Dio sull’altare maggiore, trasmettendo il messaggio cristiano attraverso linee architettoniche, volti e scene pittoriche. Perciò, entrando nella chiesa si resta sorpresi, quasi intimiditi, dalla grandiosità della cupola, dalla luce discreta e dalle eleganti linee dell’ambiente. Ampliando lo sguardo, si percepisce la complessità degli elementi – altari, statue e ciclo pittorico – che narrano la storia della salvezza e si ha l’impressione che tutto si origini e ritorni al mistero della Vergine con il Bambino, in un intrecciarsi di linee architettoniche che rappresentano il movimento incessante della storia della salvezza.
La progettazione e realizzazione del restauro è stata guidata da un cammino decisionale, rispettando l’architettura e le intenzioni di Borromini, così come per l’idea teologica e il senso della fede della Chiesa. Nel percorso di restauro – conclude Elisa Polidori – gli interrogativi principali sono stati affrontati mantenendo la continuità con gli artisti che l’hanno costruita e abbellita, e rimanendo al servizio dei fedeli e dell’annuncio del Vangelo in quei luoghi”.
Grazie allo stanziamento di 533 mila euro dell’8xmille della Chiesa cattolica italiana, grazie alle 32 maestranze che han lavorato con grande competenza, gli interventi di restauro han permesso di restituire all’antico splendore oltre 600 metri quadrati di stucchi consolidati, insieme a 330 mq d’intonaco e superficie affrescata.
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