“La posizione particolare che occupo quando sono nel confessionale mi da la possibilità di guardare il volto di quanti entrano nella cattedrale. La prima reazione è lo spalancarsi degli occhi, e lo stupore diviene forma sul viso. Ed anche per me è un’esperienza sempre nuova e coinvolgente”.
Chi parla è don Nicola Gaglio, parroco del Duomo di Monreale e presidente della Fabbriceria del Duomo. Oltre ad essere responsabile e curatore di un patrimonio di valore inestimabile è un suo grandissimo conoscitore e appassionato divulgatore. La sua spiegazione dei mosaici incanta sempre.
Ecco un’altra sua impressione: “Spesso mi intrattengo in Duomo la domenica pomeriggio e mi capita di imbattermi in tante persone che col naso all’insù vagano per le navate. Per certi versi ne provo pena perché li vedo sperduti nella cattedrale, perché è proprio la cattedrale che ha la caratteristica, non per motivo di dimensioni, di far perdere il visitatore al suo interno. Inizio allora a spiegare e mi metto quasi al loro servizio. È un’esperienza ogni volta nuova e positiva. Inizio magari con pochi, poi diventano via sempre più. Si sentono calamitati dalla descrizione e fanno delle esperienze straordinarie. C’è chi dopo mi scrive non appena per ringraziare, ma per esprimere ciò che ha provato. Rimangono folgorati perché li aiuto ad andare oltre le tessere, oltre l’immagine della figura del mosaico. E alla fine ammettono che è stata una catechesi”.
Chi è stato magari solo per una volta nella cattedrale ha fatto esperienze simili. I soli numeri sono impressionati: 6.340 mq di mosaici, 102 metri di lunghezza per 40 di larghezza. Il Cristo Pantocratore ha una misura delle braccia di 13,30 metri un’altezza di 7 metri; la testa compresa la barba misura 3 metri; la mano destra è 1,80 metri, il libro aperto è due metri per due; le lettere “Io sono la luce del mondo, chi segue me, non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” del libro misurano 30 cm. Nelle navate sono rappresentati 250 santi; 18 sono le colonne di granito. Si calcola che i lavori siano stati diretti da 100 monaci benedettini.
I numeri, seppur molto grandi, lasciano però il tempo che trovano. Anche il visitatore più distratto prova una commozione che esplode soprattutto davanti al Pantocratore. È come la parte più profonda, più intima dell’animo umano che riconosce il tutto; è il grido nel cuore dell’uomo che di fronte all’immagine non si pensa più da solo, ma in rapporto ad un tutto. È l’inquietudine del cuore dell’uomo che si acquieta quando conosce Lui.
“Chi viene per la prima volta – dice Enrico Geloso, coordinatore della squadra di assistenti a servizio dei visitatori – esprime innanzitutto meraviglia e stupore; diciamo che non si aspetta di vedere quello che poi vede. Rimane sbalordito soprattutto dalla quantità di mosaici presenti, anche perché spesso non ha mai visto prima dei mosaici di tale bellezza. Chi torna per la seconda, terza o quarta volta non si pente mai della visita, anzi dice sempre di aver compreso e gustato qualcosa in più che prima non aveva notato”.
Ma il complesso monumentale del duomo è ben di più. Di esso fanno parte il chiostro e il convento che fu eretto per ospitare i monaci benedettini che vi giunsero da Cava dei Tirreni. “Il duomo non è un edificio da vedere, ma esprime una vita che c’è stata e che prosegue anche oggi” dice don Gaglio.
E questa nuova consapevolezza, frutto degli studi scientifici del prof. Mirko Vagnoni, ha condotto a un’iniziativa certamente nuova in questo campo: una mostra sul Duomo di Monreale da esporre al prossimo Meeting di Rimini (18-24 agosto 2019).
“Quando mi è stata fatta la proposta di curare la mostra dal punto di vista scientifico – ha detto – ho subito precisato che non ci si poteva accontentare di trasportare foto e reperti da Monreale a Rimini, ma che bisognava far comprendere che la cattedrale ha avuto ed ha una vita e che essa è stata testimonianza della comunità monastica dei benedettini. Per questo motivo abbiamo concepito la mostra come un percorso che i visitatori dovranno fare lungo i 700 mq. È lo stesso che idealmente facevano loro, dal monastero al coro, dal luogo di abitazione al luogo della preghiera. Ed è per questo che lungo il percorso saranno invitati a fermarsi e a riflettere, non solamente a guardare”. La mostra si articola in cinque sezioni, con tre video e la riproduzione praticamente in scala 1:1 del portale di Bonanno che apre il percorso e del Pantocratore, che lo chiude con il suo straordinario abbraccio.
L’originalità della proposta riminese sarà correlata dalla visione di un buon numero di oggetti sacri come parte integrante del percorso per indicare in modo concreto che la cattedrale è un monumento vivo. La mostra vuole, infatti, raccontare la vita che c’era attorno alla Fabbrica del Duomo e che poi culminava nell’attività liturgica.
Il pezzo forte sarà costituito dalla icona dell’Odigitria, un capolavoro assoluto dell’arte medioevale, che lascia Monreale per la prima volta, per una sede espositiva fuori della Sicilia. L’icona avrà un posto di assoluto rilievo lungo il percorso, in una sala in penombra, senza spiegazioni di sorta, per invitare i visitatori a fermarsi e a contemplare, perché possano pianamente e personalmente comprendere ciò che può dire al cuore di ciascuno.
Il titolo della mostra sarà: “Si aprì una porta nel cielo: la Cattedrale di Monreale” ed è in stretta correlazione con il titolo del Meeting di quest’anno: “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”.
Emilia Guarnieri, presidente del Meeting, l’ha spiegato così: “Lo stupendo mosaico del Cristo Pantocratore che appena entri in cattedrale ti fissa… e inevitabilmente tu lo fissi. Quel Cristo è l’immagine di qualcuno che, fissandoci, ci dà il nome, così che noi possiamo trovare il nostro nome fissandolo”.