Parto splendente e doloroso è questo: di una madre che, avendo dato alla luce il figlio, continua a generarlo in un abbraccio prolungato e totale fino a confondersi con l’indifesa fragilità di quella carne, misterioso frutto delle sue proprie viscere, viscere di misericordia.
Non è dunque casuale il fatto che Picasso abbia disegnato questa maternità riferendosi in maniera esplicita alla posizione fetale: della donna però, non del bambino, quasi a dire che per generare, occorre prima essere generati… ed accettarlo.
Come raccolta dentro la misteriosa placenta del reale, pudicamente offre, questa madre, la sua nudità. Si svela così, del corpo, una lineare morbidezza di forme la cui calda plasticità custodisce, ricovera ed alimenta il tenero fardello che, di quelle forme, sembra costituire l’origine miracolosa.
Si perde così, nella sfuggente e appena suggerita ombra del profilo, la palpitante dedizione della donna che fisicamente identifica il proprio sé con quello del figlio.
L’impeto dell’abbraccio sfuma nel chiaroscuro grigiastro dei contorni che smorza, addolcendola, l’incerta sicurezza del tratto.
Potenza di energia e consapevole abbandono finiscono dunque per stabilire la mirabile tensione di queste linee, che si fondono nell’armonica corrispondenza di un unico corpo da cui germina, irriducibile, il seme di una nuova vita gratuitamente donata e offerta.